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Videocracy, viaggio in Italia nell’epoca delle tv
Il documentario di Erik Gandini osserva la nuova casta che ha conquistato il potere
Il colore dei soldi risveglia istinto predatore nei big inquieti come in un moderno western

Erik Gandini
Erik Gandini
Erik Gandini dovrebbe essersi diplomato alla scuola di cinema di Stoccolma con ottimi voti. Chi ha visto Videocracy ha potuto senz’altro rendersi conto come un documentario,realizzato da una tv scandinava in partnership con BBC,possa essere al tempo stesso inchiesta didascalica su un fenomeno inconsueto per la scena europea e accurato lavoro di cesellatura che approfondisce notevolmente i risvolti delle situazioni e dei personaggi. Il risultato complessivo perviene ad un marcato stile cinefilo ed Il senso traslato delle immagini arricchisce di significato ogni introspezione dei personaggi osservati,dai quali si svilupperà la complessità di uno spazio narrativo relativo alla vicenda centrale. Il potere estratto con il video non si potrà spiegare soltanto con le ragioni e le deduzioni sulla principale star,Silvio Berlusconi,ma troverà forza nell’osservazione dei comportamenti di altri figuranti eccellenti che rappresentano ad hoc le peculiarità del costume italiano odierno.

Ricky, l'illusione sel successo
Ricky, l'illusione sel successo
Il docufilm innesta forza basilare nella descrizione e nello sviluppo di due riferimenti archetipi di segno opposto eppure assai simili nell’esprimere brama o desiderio,nel rivelare in ciascun carattere,intimo istinto predatore quando all’orizzonte si avverte odore di denaro e di successo. Da una parte c’è Ricky un giovane sottoproletario,così sarebbe stato chiamato una volta,che senza uso di falce e martello cerca l’illusione della riscossa individuale e l’arrivo di un giorno speciale quando potrà innalzare il nuovo simbolo della vittoria ovvero il totem e la bandiera del nuovo eden,la telecamera. L’altra rappresentazione è tutta per la figura di Fabrizio Corona,personaggio descritto in maniera inquietante che sembra vivere la sua personale vicenda alla stregua di un cinico e corrente western. Il colore dei soldi lo manda in tilt e non c’è meglio che interpretare il ruolo del bandito gentiluomo,criticato ma apprezzato,nella riedizione mediterranea di Butch Cassidy. Si circonda il fianco di uomini spietati che usano fotocamere come i killer le proprie pistole.

 Fabrizio  Corona
Fabrizio Corona
In questo attualissimo e nuovo Boogie Night  ha spazio l’edonismo,la brama dell’apparizione,il sesso ma non trova posto la redenzione. Lele Mora,mentore e talent-scout,è simbolico nella raffigurazione di un potere che usa toni e atmosfere di velluto. Viene dipinto nella sua dimora di vacanza come un’icona insieme al suo branco di talenti in cerca di osanna ma la sua anima oscura e fiera non affonda e riemerge indenne dal tribunale. Vorrà ringraziare apertamente e con modi di preghiera quel Dio della tv che con un tocco gli ha permesso fortuna immane. Abbiamo assistito ad un documentario eppure la dinamica delle immagini ci ha dato l’impressione di trovarci dentro una sceneggiatura a soggetto con attori perfettamente a loro agio nei caratteri. Il merito non comune di essere riuscito ad approfondire e a sorprendere i personaggi fotografando un’inedita interiorità,rende merito a Erik Gandini pregevole plasmatore,sicuramente pronto per un viaggio stimolante sulle strade dei film-maker. Partendo dove Michael Moore finisce,riesce in quel tocco drammaturgico che conferisce tono angosciato ad un fenomeno contraddittorio di questi anni.

Videocracy
delinea una variante attualissima e localizzata del concetto di democrazia occidentale. In questo particolare momento di passaggio epocale il popolo italiano sembrerebbe aver delegato al video della tv la tradizionale forma di governo. A quello si investe fiducia credendo di ricevere adeguate risposte formulate da modelli culturali fascinosi quanto effimeri. In fondo la finestra sul mondo con quel suo aspetto familiare riproduce la ritualità collettiva più diffusa ritradotta nella sua semplificazione più ovvia,divenendo un conveniente stargate verso il paradiso terrestre. La comoda ed opportunistica metafisica,che rivede molto in basso il senso di configurazione universale,fa comunque apparire  la videocracy una sorta di teocrazia,non diversa nella sostanza da quelle forme di potere elitario ancora presenti nel mondo,viste in passato e nel presente,che hanno trovato consenso proprio sulle aspettative di popolo. Il film di Gandini nella sua attenta e calibrata sensibilità sociale è uno di quei pochi documenti che cercano di contribuire alla comprensione di un fenomeno. Proprio per queste caratteristiche si candida profeticamente per una rilettura in un futuro,vicino o lontano,quando si studierà questo presente dove praticamente l’unico mezzo di approvvigionamento mediatico degli italiani era il televisore.

 

                        2009 © CINEMA & CRITICA