Piaf è Rock
Il ritratto di una dimensione incendiata nell’intenso “La Vie en Rose”
Moderna rappresentazione della vita e dell’arte che definisce un mito
La critica italiana svagata concede scarso interesse al film con Marion Cotillard
Una scena da 'La Vie en Rose' La vie en rose è senza dubbio uno dei film più intensi e vibranti di questa stagione. Protagonista è la Mome Edith Piaf,un’icona della musica e della canzone del novecento. L’autore e regista Olivier Dahann realizza una biografia molto particolare che non privilegia la cronologia temporale e le foto celebrative dell’interprete francese. Segue alcuni aspetti fondamentali del suo privato incastonati a modo di tanti flash back,poi miscelati fra momenti di gloria,polvere del palcoscenico e la mestizia dei decadenti anni sul viale del tramonto. Questi ultimi però non vengono rappresentati convenzionalmente a supporto logico ed ideale della fine di una storia,ma sono rivelatori autentici di un’interiorità rigenerativa che il personaggio di Edith esige profondamente. Lo spettatore riuscirà a scoprirlo entrando in simbiosi con lei afferrandone,frammento dopo frammento,la dimensione artistica ed affettiva.
Marion Cotillard è Edith Piaf Marion Cotillard,già vista di recente in Un’ottima annata e Fair-Play,interpreta la Piaf costruendo e stilizzando il carattere di lei in modo camaleontico con stile da perfetto metodo Stanislawsky. Fa della Piaf un ritratto di donna moderna e sensibile,sicura dei propri input quanto debole e autodistruttiva nelle incertezze che la dominano. Nel fondo nero del proprio abisso riesce ad agganciare la leva della volontà per far rifiorire una probabile e non utopica strada di rinascita. Alla pari di una contemporanea rockstar,Edith vuol consumare la propria esistenza incendiando consapevolmente i residui aneliti di vita nell’illusione labile degli acidi e dell’alcol che sosterranno il proprio innato talento. Troverà la caparbietà di un ultimo notevole sforzo fisico e spirituale e “spazzare via ricordi e dispiaceri per ricominciare da zero”. Olivier Dahann sembra suggerirci che la vita può essere sogno ed incubo allo stesso tempo senza tregua,ma nell’attimo del bivio il primato delle scelte imperscrutabili diviene fondamentale se ben guidato da noi stessi.
Il critico Enrico Magrelli Questa visione giovane e mitizzante dell’artista francese ce la porge con uno sguardo cinefilo estratto con enorme lavoro di editing e di full immersion nelle atmosfere e nei personaggi della vicenda. Cercate di guardare con attenzione la sequenza girata in soggettiva,quando Edith apprende la sorte del suo Marcel (Cerdan) e scoprirete tre differenti spazi temporali nel medesimo interno fusi in un'unica dimensione del format. Peccato che il pubblico italiano abbia recepito la pellicola con estrema lontananza dal box-office. Al contrario in Francia ha totalizzato oltre 5 milioni di ingressi,mentre molto buone risultano le uscite in Gran Bretagna e Germania. Negli USA sta diventando di settimana in settimana il film estero di maggior successo del 2007. Da noi ha senz’altro influito il marcato snobismo che la critica ha mostrato verso la pellicola. In questo proposito segnaliamo la perla evidenziata dal recensore nonché selezionatore della mostra di Venezia,Enrico Magrelli. Usando spiccato senso di sintesi afferma, “ La vie en rose…sono due ore e un quarto di storia senza regia ! “. Una comoda poltrona in sala buia può favorire relax e abbandono al sonno,rendendo vano il lavoro scrupoloso dei critici cinematografici più valenti ed indaffarati ?
2007 © CINEMA & CRITICA
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