Nanni Moretti: “ Grazie al cielo non è la Chiesa reale, racconto l’umanità dei cardinali secondo il mio stile ”
Nanni Moretti
Se Nanni Moretti è l’autore italiano più acclamato all’estero qualche ragione ci deve essere. I suoi film nel rigore di un’apparente egocentrismo esplicitano meglio di qualunque altra pellicola italiana il cammino della società nazionale durante gli ultimi trentacinque anni. Si pongono domande,cercano risposte dal contesto globale a volte ingarbugliato e tormentato. Nei ruoli che lui stesso interpreta si manifesta indicatore profondo di colto spessore e di immediata comunicazione senza aver rivali artistici in questo paese. In quel tono originalmente curioso e di chiara decodifica anche oltre confine risiede lo spirito arguto e filosofico di un personaggio che sa cogliere la sintesi dei nostri anni.
Habemus Papam,l’ultimo lavoro che ha presentato,è una specie di scommessa in cui cerca l’osmosi tra il proprio tipico stile e la trama di fiction. S’incentra sulle peripezie di un cardinale in crisi dopo che il conclave lo ha eletto Papa. Interpretato dal francese Michel Piccoli rimane colpito da dubbi e interrogativi che metteranno in discussione tutta la sua esistenza umana. Nel film si respirano atmosfere verosimili ma è lo stesso Nanni Moretti,giocando il ruolo dello psicanalista chiamato ad aiutare l’alto prelato,che smuove e incalza ritmi innescando le giuste tematiche. Abbiamo incontrato il regista romano per una chiacchierata e un approfondimento sulla pellicola intercalati da un gusto del sorriso che sottintende ulteriori chiavi di lettura.
Realizzando il film sul conclave hai evidenziato la crisi del Vaticano e più in generale di tutta la Chiesa. Rompendo questo tabù della cultura nazionale ti attirerai le ire dei mondi secolarizzati ?
Volevo fare un film in cui c’era un buco nero alle spalle del balcone vuoto di San Pietro. Capisco che questa é un’immagine che può dare turbamento ma non è la sola a rappresentare l’allegoria e il mistero della Chiesa,anche quella dei cardinali mentre giocano a pallavolo è significativa quanto gioiosa. Però non ho voluto calcare l’attualità con i scandali legati alla pedofilia. Qualcuno dirà che non è la Chiesa reale,ringraziamo il cielo per questo ! Volevo raccontare la mia Chiesa,i miei cardinali con la loro umanità in una cornice verosimile congeniale ad una mia storia.
Nella storia è ben presente il tema dell’inadeguatezza rispetto ad un grande compito,quello scrupolo che fa riflettere quando le attese degli altri potrebbero essere troppe mettendo in risalto lo spettro di un possibile fallimento.
Ad ognuno di noi può capitare di avvertire nel confronto con altri,ma anche verso se stessi,lo spirito d’inadeguatezza dettato da certe situazioni. Non è tanto il sentirsi mediocri o incapaci,casomai il cardinale Melville (Michel Piccoli ndr) fa i conti con i propri limiti umani che potrebbero divenire una forza nel momento in cui é chiamato da Dio a rappresentare tutti gli uomini. In quei momenti lui resterà sospeso e impaurito nel dubbio,pensando se potrà essere in grado o meno di riuscirci.
Risultano fondamentali le tracce di dramma della coscienza che tormentano il cardinale. Queste modulano tutto il film grazie anche alla perfetta aderenza di Piccoli. Perché lo hai scelto ?
Avevo fatto un provino ad un attore italiano ma non ero contento,pur nel dubbio della lingua diversa ho subito pensato al volto di Michel Piccoli. Poi ricordando che dal 1978 i papi hanno un accento straniero la cosa cominciava a convincermi,ci siamo incontrati a Parigi per ferragosto di due anni fa dove gli ho chiesto la prova con sei,sette scene in italiano. Era perfetto per la parte ! Alla fine delle riprese devo ammettere quale ricchezza ha dato al film con la sua recitazione fatta di dolcezza,scatti,silenzi,mai disgiunti da un filo di stupore infantile che donano al personaggio assoluta autorevolezza.
In Habemus Papam ci sono spunti autobiografici ?
Un po’ di me va trovato ovviamente nel personaggio dello psicoanalista che interpreto,ma c’è qualcosa di personale anche in quello del cardinale Melville con certi suoi avvilimenti e la sinusite psichica,termine da me inventato,che spero entrerà di forza nei manuali di psichiatria.
In effetti nel personaggio dello psicanalista si scopre una determinante funzione dell’ego.
Nel ruolo non mi sento affatto il più bravo strizzacervelli ma mi piaceva soprattutto prendere in giro quegli aspetti di presunzione e vanità che l’ambiente cinematografico vorrebbe attribuirmi. Io conosco tutti gli addetti del giro del cinema,dai migliori ai somari,dai simpatici agli antipatici,posso assicurare che in quanto a immodestia e orgoglio,aspetti iper presenti nel circus di questo lavoro,se mi paragono a loro potrei essere al di sotto della media senza problemi.
Sei esercente di una sala cinematografica a Roma con la quale completi il cerchio perfetto dell’uomo di cinema. Qual’è il rapporto che hai con i film visti sul grande schermo ?
Da spettatore mantengo intatta come quand’ero ragazzo la curiosità di guardare i film degli altri. Mi piace vedere anche storie che potrei aver visto già cinquecento volte,magari ben scritte,ben dirette e recitate,americane,con le quali poter trascorrere due ore di piacevole intrattenimento.
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