Keke Palmer e Daniel Kaluuya: Fratelli coraggiosi in Nope
Quando l’incredibile ha la compiacenza di presentarsi agli occhi e alla mente di una vastità genera all’istante quello scoglio d’incredulità che è una difesa immunitaria contro lo sgretolarsi di comuni adattamenti e delle più consuete conformazioni. Non è un concetto che vive di solo quotidiano,ma poggia basi solide anche sulla religione nel momento in cui la fede viene messa a dura prova da circostanze esterne. Il caos nasce all’improvviso e sembra il cattivo dei western classici che promette furore e munizioni,rende spaesati facendo perdere di vista obiettivi che parevano connaturati al nostro esistere. Jordan Peele,autore/regista di provenienza comica,ha sviluppato dal proprio impegno un’ampia profondità abilitandola a una limpida licenza di libertà. Investiga sofismi e congiunzioni misteriose intorno (dentro) alla società riuscendo a configurare nei racconti uno studio avanzato che fotografa il lato oscuro e vagamente astratto dell’antropomorfismo. Le sue amazing stories dal percorso ellittico hanno sempre un risvolto paradigmatico
(Scappa – Get Out, Noi)
che non andrà mai confuso con rilievi dal tenore sociologico,ma
Nope fin nel suo titolo dal verso antitetico fa prevalere una costruzione ancora più organica e ambiziosa. Verrà sostenuta da una particolare ammissione che riabilita il cinema Black alle origini del cinema,un vezzo di nobiltà genealogica alla maniera di Spike Lee. Il quadro della vicenda focalizza l’ambiente della galassia Hollywood,non quello segnato dal cielo di stelle luminose,ma quello di chi nella filiera dei set si ritaglia un posto di lavoro senza gloria. Due fratelli addestrano cavalli per produzioni cinematografiche e da quando hanno perso il padre titolare dell’impresa non sono più ben voluti nel lavoro equestre tantomeno tra gli stunt. La scomparsa improvvisa e violenta del genitore credono sia dovuta a inquieti fenomeni provenienti dall’alto,sono convinti che sia posizionata un’astronave aliena ostile nascosta dalle nuvole pronta a provocare morte e far impazzire i cavalli. Sul segreto delle poetiche nubi s’interrogava Pier Paolo Pasolini (
Che Cosa Sono le Nuvole?) riscoprendo in esse una dimensione non illusoria dell’essenza umana che tornava protagonista al centro dell’universo. Per l’uomo odierno la metafora dolce e lieve delle nuvole si accompagna alla disillusione,qui non si fidano nemmeno dei disegni dell’atmosfera,potrebbero nascondere pensieri ingannevoli. Così i due giovani si convincono senza indugi di portare allo scoperto il presunto corpo del reato alieno. Per loro il successo dell’iniziativa sarebbe un rilancio ma serve qualcosa che divenga oggettivo mentre invece sembra indefinibile,e si sa l’alone costruito dal caos troppo spesso non ha forma distinguibile. Scoprire e dare fisionomia a un immaginario di verità è genetica del cinema perciò trovano un regista che ha le potenzialità per ottenere con la cinepresa la giusta emulsione di un evento apparentemente inspiegabile. Il filmaker avrà determinazione e ostinata capacità ricordando da vicino Quint (Robert Shaw) nello
Squalo di Spielberg,individuo dalla costanza sovrumana,come lui autentico cacciatore di demoni. L’adesione della pellicola a uno stile sospeso conseguito grazie a una sontuosa e riuscitissima identità nel metacinema permette alla vicenda con sottigliezza di rendere malleabile un arduo percorso. Parafrasando Arthur Conan Doyle,
Nope,scintilla un tocco di intuito razionale sulla complessità caotica lasciando che nel labirinto dell’impossibile si possa giocare una chance nel possibile. Porta dritto al cuore e alle speranze dei fratelli con un’epica inaspettata circondando il loro personale film. Jordan Peele ha realizzato una di quelle storie che vorremmo sempre vedere per intensità e sagacia. Consigliamo la visione e di sicuro si potrà rivedere con piacere essendo ricco di spunti geniali da approfondire.