La Famiglia Belier al completo
La campagna è tornata ad essere un centro di attività appaganti che fa riemergere tonalità di vita date per scomparse. Il lavoro nella fattoria integra un certo benessere personale con l’utilità economica di una fiorente imprenditoria lasciando che raccolti,pascolo e produzione di pregiato formaggio siano un presupposto di equilibrio non precario. Per la famiglia Belier è stato un toccasana fondamentale che ha permesso ai suoi componenti,tre sordomuti e Paula (Louane Emera),di poter gestire questa piccola azienda come se le difficoltà di comunicare con l’esterno non esistessero. La ragazza conoscendo il linguaggio dei segni fa da trait d’union con gli altri e il mondo circostante in maniera tale che la diversità non imponga il solito handicap,consegnando alla simpatica famiglia tutta l’allegria intima di un’isola felice. La serenità è un vento che continua incessante ma per inciso non siamo dalle parti dei casolari sotto il sole delle italiche commedie odierne spruzzate di balsamo consolatorio e lontane mille miglia dalla realtà. Tutto si muove in altra direzione quando Paula grazie alla sua poliedrica verve scoprirà di possedere l’ugola da grande cantante provocando di conseguenza un piccolo terremoto che metterà a prova,anche con durezza,le certezze acquisite da tutta la famigliola fin troppo abituata ad un mondo ovattato. La frattura maturata dal desiderio di non rimanere ferma e trovare nel sogno del canto il giusto collocamento della propria dimensione stabilisce un’amara conflittualità che farà crollare il castello di carta dei Belier. Conosceremo l’altra faccia un po’oscura magari venata di grottesco dei personaggi nel momento in cui la probabile partenza per Parigi della ragazza solleverà un mare di dubbi e di sconsolate verità. I genitori temono l’abbandono dall’attività di Paula,troppo importante per la loro stabilità,d’altro canto la giovane sa che in parallelo con la scuola di canto c’è un sofferto amore; potrebbe perderli entrambi.
La Famiglia Belier diretto da Eric Lartigau con Karin Viard,François Damiens e Luca Gelbergl,nei panni degli altri Belier,giunge in Italia dopo un sorprendente cammino che lo ha visto protagonista di record al box office e contemporanee già programmate in mezzo mondo. Non si tratta della classica commedia agrodolce mediata da tentativi prefabbricati di politicamente corretto,rovescia i parametri osservando i protagonisti da un angolo inverso rispetto a consolidate prassi. I Belier sono posti nella condizione anomala di sentirsi e soprattutto vedere loro stessi detentori della normalità mentre gli altri,figlia compresa,sarebbero le varianti dissonanti dell’habitat. Il film puntualizza tensioni,ambizioni affrontando il nocciolo della vera diversità che si sviluppa dai vari comportamenti facendo emergere di conseguenza la fasulla relatività di una torre d’avorio precedentemente costruita. Il pezzo forte della storia è comunque affidato alla filigrana dei segni che tracciano in forma compiuta non solamente livelli di comunicazione tra individui contrassegnando sia le sembianze del dialogo, sia la negazione del medesimo,nello stesso istante portano l’atmosfera su direzioni simboliche. Fissano una strada superiore quando in determinati momenti questi andranno a fondersi in un modello di codice omogeneo con il significante musicale che,in quanto progetto e traguardo,porrà le proprie chiavi per agganciare gli elementi emotivi su tutta la vicenda. La comunicazione simbolica cerca di abbattere i muri armonizzando suoni e altri linguaggi,lasciando che la canzone possa essere amore senza fraintendimenti di insensibile tradimento.