Siân Heder: Oscar per CODA-I Segni del Cuore
La vittoria inaspettata
di Coda – i Segni del Cuore,un titolo fuori dal ranking dei gettonati,è stata l’indicazione diffusa di quanto tra gli elettori dell’Academy non ci fossero certezze arrovellanti tantomeno la scintilla che fa scoppiare passione per una determinata pellicola. Quest’anno,dopo che le passerelle dei vari premi,Hollywoodiani e non,stavano decretando un’incredibile ripetitiva fotocopia orientata ad incoronare pellicole non eccellenti,esclusa qualche rara eccezione,si è pensato a una sorta di compromesso dal sapore antitetico quanto ricco di rivoli polemici. L’Oscar del Miglior Film andato alla storia diretta da Siân Heder (saranno in totale tre) è una risposta di fuoco a chi avrebbe voluto il raddoppio finale con quello ricevuto per la Regia a Jane Campion de
Il Potere del Cane. Il film supercandidato con 12 nomination é il reale sconfitto uscito dalla Notte del Dolby Theatre restando assoluto prigioniero di quella fama creata ad arte da una gigantesca campagna pubblicitaria voluta da Netflix. L’unica statuetta conquistata nella 94 edizione dà tutta la misura di un K.O che è la sola dimensione gigante della serata,ma sembra implicitamente sottintendere quanto le vittorie limpide si debbano ottenere con sceneggiature veramente innovative. Questa era stata la politica del cinema indipendente del recente trascorso al cospetto dei premi Oscar che ora viene ridiscussa attraverso scorciatoie,metodi artistici pieni di furbi rimescolamenti e stereotipi individuabili da chi mastica cinema. Per certo lo spirito degli Oscar si sarebbe motivato d’onore indirizzando sguardi e riconoscimenti maggiori verso quelle pellicole che nel corso di quattro stagioni stavano disegnando un identikit dal fervore cinefilo. Durante un anno qualche eliminazione virtuosa poteva essere risparmiata,eppure un’Academy dal cuore impavido e dalla mente sgombra di tentennamenti avrebbe probabilmente indirizzato altre scelte come fino a uno,due anni fa. Allora quale prospettive si potevano aprire se il coraggio fosse stato in prima linea? Incoronare miglior film dell’anno
Drive My Car,dopo averlo fatto per la categoria internazionale era un prelibato percorso senza macchia ma altrettanto esemplare si sarebbe rivelato il titolo a
Belfast,grande metaracconto di Kenneth Branagh. Ma nel film del regista inglese c’è la presenza e il contatto con una guerra,tema che evidentemente non si voleva molto appariscente tra le luci dello show. Una conferma strisciante che si avvera quando non verrà accolto nel palinsesto il messaggio del presidente Ucraino,Zelensky,rigettando ogni possibile speculazione ma nel contempo rifiutando un messaggio di libertà,di dignità calpestata e una voce di connessione umana ferita, Il cinema maiuscolo ha sempre preso in carica tout court questi argomenti che nel caso avrebbero avuto nobiltà perché si tratta di un ex attore esposto in prima persona,un ambasciatore proteso dalla realtà drammatica al testimoniare urgente verso una comunità omologa. D’improvviso si è cominciata a percepire un’aria pesante come se nell’ambiente paure ed eccessivo conformismo piombassero dentro contribuendo a selezioni e nomination che rimandano memorie da epoche sepolte.
Kenneth Branagh: Solo una statuetta per Belfast
Non pensavamo che quella del 2022 s’imponesse tra le edizioni più brutte,
rimeditando sugli Oscar dei recenti anni e su come essi avevano saputo sostenere segnali innovativi nel riconoscere opere dalla levatura eccellente. Certamente non tutte le annate favoriscono una buona vendemmia,la caduta odierna potrebbe aver avuto origine nella tempesta sanitaria quando l’incertezza è divenuta pandemica nei progetti produttivi facendo emergere ora lacune oggettive. Crediamo con più convinzione che vada seguita un’altra ipotesi maggiormente tentacolare. Qualche settimana fa in tanti accusarono
i Golden Globes di nefandezze magari giustissime che circolavano su personaggi e scelte,ma se andiamo a consultare vincitori,vinti di quella serata ci accorgiamo come i film alla ribalta siano stati per la maggior parte gli stessi,quelli voluti dall’Academy,e nessuno ha avuto da ridire. Per non confondere di continuo gli effetti con le cause dovremmo in particolar modo rivolgerci a tutto il settore che pensa,finanzia e produce quelle pellicole non dimenticando quanto stia prevalendo l’uso di un marketing dopato ormai sotto gli occhi di tutti. E’ inaudito ma è accaduto che gli Oscar divenissero il palcoscenico dei remake quasi fossero una premiazione minore,le 10 statuette sommate da altrettanti rifacimenti testimoniano l’abiura dell’originalità.
Dune riscrittura moscia della storia diretta nel 1984 da David Lynch,che allora fu candidata per l’Oscar soltanto quale miglior sonoro,adesso di categorie tecniche se ne aggiudica addirittura sei.
West Side Story divenne un mito vincendo dieci riconoscimenti nel 1962 e non si sentiva il bisogno di un’altra versione nel ventunesimo secolo che verrà comunque premiata. Su questa linea narrante vedremo infine il trionfo di
Coda che è l’adattamento americano de
La Famiglia Belier,uscito in Italia nel 2015. Anche se i Belier al presente si chiamano Rossi e fanno i pescatori,il film mantiene integra l’attenzione alla diversità con leggerezza e imprime al gioco del passato l’acuto grazie alla presenza di Marlee Matlin che nel 1987 da esordiente vinse l’Oscar con
Figli di un Dio Minore. Quest’anno il premio alla miglior attrice va a Jessica Chastain protagonista de
Gli Occhi di Tammy Faye,storia che si aggiudica l’ulteriore categoria del makeup e acconciature festeggiando nell’insieme tutte le sue approssimazioni appollaiata sul trono dell’autentica mediocrità. C’erano titoli sparsi in tutte le nomination che qualche stagione fa non sarebbero mai stai presi in credito per la sacralità dell’Oscar,ma se oggi lo sono un pizzico di preoccupata ansia per la premiazione più prestigiosa del mondo la procurano a tutti gli appassionati di cinema. Se invero pellicole meritevoli come
Drive My Car e
Belfast sfilano in secondo piano quale immaginario potrà essere eretto a simbolo dell’Oscar 2022 ? Dove ravvisare quei motivi inebrianti suscitati dalle costruzioni intelligenti,dalle coordinate fantasiose,dalle fiammate espressive,che alimentano il pensiero delle genti di ogni latitudine ? Vicina al centenario questa irripetibile kermesse ha saputo e dovrà ancora esprimere codici di cultura ed evoluzione ma attualmente coniare un logo virtuoso non sarà impresa di facile discernimento. Rimane a galla solamente l’ombra e con lei quell’aplomb di immaginario che Hollywood suo malgrado deve affidare ai posteri. Cosa rimarrà dei 94° Oscar ? Quasi per certo la clip dell’orrido e violento intermezzo offerto da Will Smith,grigia allegoria dei tempi che viviamo con buona pace del grande cinema.