Bernardo Bertolucci, presidente di giuria a Venezia 70
I giochi sono fatti,e anche questa edizione del festival più antico targata 70 va in archivio (
Premi & Festival),non prima di aver lasciato eco,strascichi di immancabili polemiche che sicuramente sono più vitali di tanti film visti al concorso. Il verdetto ha dato start per il dibattito ma andiamo in ordine. A sorpresa il Leone d’Oro è appannaggio di un documentario,
Sacro GRA di Gianfranco Rosi,realizzato nel microcosmo del raccordo anulare di Roma racconta alcuni episodi di vita vissuta in quell’habitat che esprime in stile realista le vite e le esistenze di una popolazione verace altrimenti sconosciuta.
Miss Violence del greco Alexandros Avranas è un film di ambiente familiare per certi versi shockante che fra dramma,traumi e violenza psicologica lascia intravedere l’altra faccia di una cultura oppressiva. Il regista si aggiudica il Leone d’Argento quale migliore regia. L’interprete maschile del film,Themis Panou che ha il ruolo dell’oscuro padre,vince il premio quale migliore attore. L’altra Coppa Volpi per la performance femminile è ancora un riconoscimento per l’Italia e viene ritirata da Elena Cotta,la Samira di
Via Castellana Bandiera,storia realista di Emma Dante. Una vittoria che ha trovato supporto ed estimatori giorno dopo giorno soprattutto fra i critici italiani,il suggello di una carriera principalmente televisiva intervallata da una recente escursione presso i fratelli Vanzina. La giuria ha consegnato inoltre un Premio Speciale andato a
Die Frau des Polizisten di Philip Gröning e un Gran Premio che va a Taipei per
Jiaoyou di di Tsai Ming-liang. Quello alla migliore sceneggiatura sarà diviso in due fra Steve Coogan,Jeff Pope che sono i due autori di
Philomena pellicola di Stephen Frears tratta da una storia vera. Il regista inglese teneva moltissimo a questo evento festivaliero e per tanti versi era quasi arrivato alla meta. Tutta la stampa internazionale lo ha reputato il miglior film di Venezia 70 e il più autorevole candidato al Leone d’Oro ma questo è stato un peccato che in Italia si paga. Troppo rumore,una spiccata universalità espressiva,quanto serve per scatenare invidia,resta un riconoscimento discreto all’impegno,niente allori per gli interpreti ma siamo sicuri che si rifarà quando uscirà in sala (Febbraio 2014). Non si può negare che l’impronta di Bernardo Bertolucci,presidente di giuria,sia stata fondamentale nel pretendere scelte che sotto molti aspetti appartengono ad un’avanguardia di molti decenni fa della quale tragicamente oggi restano macerie di retroguardia. Inequivocabilmente abbiamo assistito alla ritualità di un modo di intendere il cinema d’autore che è accademica e crepuscolare,lontana dalle fusioni tematiche e di linguaggio di un cinema internazionale di tendenza. La rinascita del realismo,senza che questi abbia avuto un coinvolgimento maturo anche con i format della fiction,finisce per essere un autogol d’involuzione nell’immagine globale del festival lagunare. Il Leone d’Oro 2013 al documentario
Sacro GRA,che arriva quindici anni dopo
Così Ridevano di Amelio,non rappresenta una novità o uno scatto in avanti del cinema italiano ma l’apoteosi della solida lobby trasversale fra Rai (coproduttore) e informazione scritta. Gli opinionisti soprattutto di Roma hanno fatto da sponsor al film senza pudore come pure durante le proiezioni c’è stato tifo da stadio come in nessun festival internazionale accade. Qualcuno parlerà di vittoria o trionfo del cinema italiano ma è strano e sospettoso che scorrendo gli score di un anno di premi e festival fra i più importanti al mondo,i film nazionali prendano premi soltanto a Venezia 2012 e 2013 come pure al Festival di Roma,fissando pagine ricorrenti di un isolamento ormai diffuso.