Susan (Amy Adams),conturbata lettrice
La crisi è il tratto distintivo del nostro tempo,la sua forma tangibilmente grigia,desolatamente attratta da segni che rimandano a statici e rovesciati canoni della bellezza,sembra interagire con il subcosciente instaurando un anomalo concetto di estetica asfittica del tutto decadente. Persiste e si allarga senza trovare opposizione quella sorta di polo negativo che trasmette senso dell’inquietudine,dell’incertezza e dell’inettitudine,ma forse è il periodico vento di ogni fine-inizio secolo per spazzare via le mappe dell’epoca precedente. Tom Ford segue con partecipata adesione l’aspetto delle forme e degli stili già dal primo film,
A Single Man,aveva attinto nei medesimi un sostegno di pura ritualità dal quale i disegni della materia non avevano assolto la compiutezza e la carica esegetica di un più ampio contesto umanocentrico. C’era distanza tra l’ideale fashion e un articolato bisogno di apologo che rendesse pratica al cinema la sintesi di pensiero tra formalità e riforma ineludibile della dinamica esistenziale. All’autore piacciono sicuramente Proust e in modo diverso Jean Luc Godard,senza tirarli in ballo direttamente ne coagula la chimica per renderla impressionista della fine di una fase storica,ma ne modula con personale ingegno la rivalsa intellettiva affinché non possa trasformarsi in un addio dell’anima. Rinnovando la sua prosa cinematografica Tom Ford colma le lacune del precedente lavoro guardando con umiltà agli errori,che d’incontro ha risolto rendendo partecipi di un linguaggio spesso dai tratti mirabili. La consistenza di
Animali Notturni prende slancio da una progettualità regolata sull’ambivalente duello tra il giorno di una realtà soffocante,dove i capisaldi di una cultura ormai logorata non sanno più come rinsaldare le linee e gli aneliti della bellezza o dell’osmosi benefica,e quello di una notte in cui disperata inutilità,letale tristezza,aggressività vengono destrutturate,probabilmente disarticolate,dal moto interiore riproducendo fasi di forza visionaria,ridonando lo spirito indomito dell’essere creativo. Speranza o Illusione che sia,la pellicola svolge una mansione allegorica,organica e stilizzata dell’essenza moderna portando con costruzione chiaramente significativa il lento mutamento di temi a natura non palpabile dentro coerenti e variabili affreschi dell’immaginario. Susan (Amy Adams) contava molto sul trasfigurante volto dell’arte,la sua vita era tutt’una con le pregnanti strade che fin da giovane avevano dato spinta ai più intimi e intensi ritmi del proprio esistere. In questo momento quel magma attivo pare disseccato e lacerato mentre il lavoro di gallerista sta perdendo quota,a fronte di una generalizzata estetica assopita se non brutalizzata nel volgare,abiurando ogni prospettiva di rinnovante bellezza.
Edward (Jake Gyllenhaal),scrittore ispirato
Una luce ingannevole adombra e cosparge tutto ciò che è brutto,immonda spazzatura sta dilagando,modificando anche il dinamismo di individui ormai inefficaci quanto tremendamente disponibili alla sconfitta. Le tenebre sono realtà per lei,considerando altresì il peso svuotato di un trend borghese e conservatore scelto da sé stessa in ossequio alla volontà familiare quando rinunciò a Edward (Jake Gyllenhaal),primo marito senza arte,né parte,(secondo i suoi genitori), Costui prossimo alla pubblicazione del romanzo,
Nocturnal Animals,ritorna in scia della donna inviandole una bozza da leggere. Ci tiene alla lettura di quel racconto,egli scrive con il cuore svolgendola come fosse una missione per tenere vive le cose,preservando ciò che sarebbe destinato a morire,lasciandolo a memoria immortale di un tempo infinito. La depressione di Susan fin dalle prime pagine scopre un avversario temuto di caratura mitopoietica. Una frustata evocativa spiazza la mente della donna perché dal racconto di un viaggio in Texas di tre persone emerge ogni variante ancestrale tra azione,paura,violenza ossessione,vendetta. La notte azzera confini e riferimenti conosciuti,l’oscurità diventa amica e consigliera sagace,quel tutto nero nella stanza non sarà la coltre malefica per un’altra glacialità ma la calda signora che aiuta a sgombrare veleni e riaccendere scintille di primordiale,vivente erotismo. Il ritmico mix di pulsioni uscito dai paragrafi riflette e si legge nel percorso della psiche per disperazione,crudeltà, desiderio,sesso,morte innescando nella giovane confusa non tanto spunti dal valore intenso,analogico ma plasmati da una sorgente,elettrizzante e armonico interfacciamento,che riavvia irrazionalmente un movimentato grafico interiore. Le energie che escono dal romanzo di Edward non sono impalpabile frutto di apparenze momentanee ma svolgono strutturata architettura che considera la percezione prima strada per forme di un disegno estetico alternativo,sicuramente cinematografico e contemplativo del bello. Il ventunesimo secolo in fatto di estetica e cultura artistica non ha ancora trovato un suo Andy Warhol,che seppe dare forme talentuose all’arte manipolando il solco dell’immaginario profano,ritraducendo in vette le basi piene di ordinarietà del prodotto popolare. Tom Ford conoscendo bene l’essenza e i processi dello stilismo traccia una critica amara,puntualizzante della nostra epoca concentrica,ma quel libro discretamente pulp sa raffigurare la fisionomia diversamente astratta degli archetipi prossimi alla reattività. Il film estetizzato da linfa vibrante porta a superare le barriere del brutto che inonda società e annienta l’individuale facendo giustizia sull’acme della brutalità. Questo è il proseguo virtuoso,anticonvenzionale dell’arte,compresa quella cinematografica,che va a dare un impulso e perseguire uno scopo di evoluzione nel disegno informale senza per questo essere opportuno complice di egocentrismi al cloroformio.