Jared Leto é Joker in Suicide Squad
L’attenzione che di solito riversiamo verso il fantasy,genere molto adatto alla sperimentazione e al coinvolgimento di temi insorgenti,stavolta trova campo fertile in una novità senza apparentamenti con facili e scontate etichette. Non sarà nuova al cinema soltanto per l’esordio di
Suicide Squad,comics creati da John Ostrander nella moderna versione anni ‘80,ma la storia è una di quelle che plasma le figure chiave con l’evidenza visionaria di scoprire i segreti della loro natura per configurarli nell’avido,cinico disegno del potere. Ogni personaggio darà vita ad un balletto di follia,in cui nella sceneggiatura la discesa agli inferi rappresenta una forma concreta di drammaturgia felicemente innovativa dentro una spazialità induttiva senza legami analogici . Dopo la scommessa vinta da Christopher Nolan nel nome di Batman,il marchio
DC Comics stava correndo il rischio dello stereotipo e della stanchezza creativa,ma la scrittura e la regia di David Ayer traducono per il grande schermo
Suicide Squad con brillante estro fondendo reminiscenze fumettistiche e cinematografiche. Gotham City torna al centro dell’immaginario,superando la figura totalizzante di Batman/Bruce Wayne,ricollocandosi come un affresco in movimento che scopre nuovi supereroi senza superpoteri sfuggendo al guinzaglio della costruzione e costrizione di stampo razionalista. La notte fosca e famelica della metropoli vede Batman integrato nel sistema e perciò collaterale,ma la nascita figurativa di
Harley Quinn e del
Clown diventato
Joker,oppure la genesi dell’
Incantatrice,per non dimenticare
Chato Santana,re della strada fino a quando non perse la sua regina bruciando ogni cosa,sono quanto di più ammaliante e inquietantemente suggestivo possa comunicare
Suicide Squad. Tutto si muove al passo di un incubo,incalzando episodi e ritmando implacabili lampi che hanno trasformato e relegato le vite dei protagonisti in basso quasi fossero spudorati racconti degli ultimi narrati con iperboli mitiche da orizzonte rock. Sono cattivi senza speranza,l’hanno voluto e l’etica della redenzione non può funzionare con loro,ma il profondo contatto con le radici del male genera una sorta di perfezionismo ed equilibrio arcano che il Pentagono penserebbe di utilizzare per una missione segreta. Del resto l’essenza malvagia appartiene anche alle logiche e alle tattiche del potere sovrano (il film non nasconde il messaggio politico) richiedendo ad essi la condivisione forzosa di strategie machiavelliche che nell’omologa energia di tenebra potrebbero smuovere successi e vantaggi per entrambe le parti. I metaumani diverranno una squadra belligerante in una condizione di aperto conflitto,generata dai connotati diversi dal passato,però costoro hanno tendenza verso la debolezza e lo scontro interiore quando la parte più naturale e pura della sostanza che liberano elide l’altra con influssi totalmente umani e normalizzanti. L’anima della vicenda evolve portando in chiaro la filigrana irrazionalista che mutua nel colore e nel movimento espansivo dell’action. Si fa strada l’ipotesi concreta di chiamarlo metafantasy,dal quale l’illustrazione fantastica replica nello scrigno più razionale del nostro pensiero l’allusione convincente di qualcosa non distante dal credibile. Percepiamo,oltre i benefici dell’intrattenimento,un alone di quelle verità sotterranee tanto in voga,mai dichiarate dalle strategie geopolitiche attuali in cui il mondo è in preda a rinnovati disegni d’assetto globale: Forse il genere,alcuni Marvel compresi,si presta molto a questi spunti da messaggio adrenalinico,per questo riesce a far volare oltre i gradi della fantasia quel torbido amico, un lancio subliminale che possiamo chiamare metaverità.