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Suburra: Crimine come un gioco di società
Tanti cliché per una crime fiction dove la vera Mafia Capitale resta lontana
Un film innocuo verso il potere che potrebbe indurre ad effetti collaterali

Pierfrancesco Favino
Pierfrancesco Favino
Lo spettatore che suggestionato dalle lusinghe della pubblicità si mettesse in poltrona per vedere finalmente un quadro nuovo,simbolico,tracotante sull’unione tra politica e bande criminali nel bel paese rimarrebbe con ogni probabilità spiazzato o deluso. La Suburra del film di Sollima,luogo segreto che dall’antichità ai giorni attuali segue i disegni oscuri del potere,la caverna del Santo Gral italico dove il gotha decide quali saranno le strategie della capitale e quindi dell’intera Italia,dovrà soltanto intuirla seguendo i capricci scontati di un fondale già visto. La Roma della pellicola non nasconde segreti degni di un racconto alla Dan Brown e nemmeno i delitti terribili assomigliano a quelli di un Elio Petri del duemila,perché i politici e loro soci raccontati non affrescano lo schermo con sequenze memorabili e significative tali da firmare l’epica del miglior cinema d’impegno civile. Sciatti,caporali e viziosi assemblano nella sceneggiatura il riassunto di una pagina che pare tratta da un quotidiano di provincia. C’é il famigerato parlamento,i politici sono ovviamente tutti corrotti,la Chiesa sembra l’arbitro della mappa affaristica e gli altri sono i coatti esecutori,loschi e trucidi. In questa cartolina scontata si condensa il meglio e il peggio di una storia in cui la vera Mafia Capitale è soltanto un tema sfiorato,alla moda,un gioco al Monopoli rinnovabile per costruire nel disperato,tetro litorale romano l’immenso business del gioco,la riedizione italiana nel secondo millennio di un mito del ventesimo secolo,Las Vegas. Nelle medesime spiagge,dove Pasolini prendeva spunti lirici e drammatici dai suoi ragazzi di vita,coloro che considerava con poetica paterna le vittime di un sistema corrotto dal denaro,adesso ritornano in veste tradita. Ora i loro eredi diretti hanno perso la verginità,il branco non segue più le regole di una specie diversa. Nel tentativo di rendere spedito un inconscio,paradossale desiderio di neo evoluzione darwiniana,essi pretendono il rispetto nella miglior condizione borghese ma per aver ciò hanno fatto dei soldi l’alleato più fido e con esso preferiscono un passo verso la bestialità. Però la corruzione non scorre profonda,vive fluttuante nelle gesta violente e un po’qualunque viste mille volte al cinema nei film di genere,ma per evitare l’associazione con il classico ogni riferimento a persone,fatti è puramente casuale viene delegato a didascalie saccenti tutto il tono drammatico,attualizzante e cronologico dei passaggi nella pellicola. Pensando che la furba trovata farà acquisire a Suburra un sulfureo stile di metà verità sullo status della nazione,le sequenze ci acclimatano nel novembre 2011,a pochi giorni dall’Apocalisse (citazione dalla didascalia). Coincidono due eventi,uno realmente avvenuto,proprio in quei giorni finirà il governo Berlusconi,un altro proveniente dal futuro prossimo ovvero le imminenti dimissioni di un Papa,quelle reali di Ratzinger giungeranno in verità due anni più tardi. Si comprende la volontà di sintesi simbolica,allegorica ma sinceramente il significante nasce e muore lì,tuttavia In quei giorni autunnali il deputato di maggioranza,Malgradi (Pierfrancesco Favino),è sotto pressione per l’approvazione di una legge sulle periferie che dovrà scaricare una valanga di denaro per fare casinò e mega hotel dalle parti di Ostia.

Suburra, una scena del film
Suburra, una scena del film
Il tipo sa come riprendere fiato dopo tanto stress in commissione parlamentare,perciò convoca in camera d’albergo due vistose escort da sesso,droga e rock n' roll,purtroppo un’overdose risulterà fatale per una di loro. Chiamato un amichetto dell’altra per far sparire l’imbarazzante prova,il politico sarà ricattato da costui che a sua volta verrà fatto tacere definitivamente dagli amici degli amici. Le vendette per quest’ultimo omicidio si caricano di pegni gravosi,inizia una guerra coinvolgendo altre famiglie malavitose e rampolli sfigati (Elio Germano) che come un effetto domino metteranno a repentaglio il progetto Las Vegas. L’unione delle bande,ora belligeranti,avrebbe favorito la messa a punto di quel gigantesco gioco finanziario,tutto ciò fa scattare l’allarme di Samurai (Claudio Amendola),deus ex machina,collegamento tra politica e cosche mafiose nel voler realizzare le logiche lucrose dell’affaire. Troppo orientato verso la pura fiction per avere una parvenza veritiera sulla realtà odierna angosciante della politica romana,il film sventaglia uno stillicidio di cliché che sembrano il selfie arroventato di Sollima e i suoi autori nel filmare qualcosa di eccitante per farsi vedere. Una crime story che riecheggia i toni turpi e al tempo stesso epidermici della Gomorra in tv,anche se per eccesso di timidezza non sa usare il ritmo dell’action movie. Sicuramente non c’è la cesellatura,la messa a punto tipica del background presente nei film americani ma può riempire il vuoto espressivo di un genere canagliesco assente in Italia da tanto tempo. Il difetto più vistoso in Suburra è invece nella dimensione abbozzata dei personaggi che rifuggono da qualsiasi costruzione drammaturgica con dialoghi scarsamente elaborati se non totalmente privi di una decenza da cinematografia. L’aspetto non da poco elimina la consistenza psicologica dei protagonisti,in maniera palese fa rischiare l’amalgama narrativa tra tutti i capitoli e i vari fraseggi episodici che comunque avrebbero trovato sollievo in qualche smussatura a tutto vantaggio del dinamismo. Certamente non può essere annoverato nel noir,contemplando al suo interno scarso ventaglio di sfumature,a meno che non sorga l’equivoco di nero come colore dell’oscurità visiva da impastare con fotografia patinata. E’ evidente che Sollima vuol risolvere le lacune strutturali di Suburra portando le notti e i delitti di Roma sulla scintilla del piano estetico,cercando visioni e grande bellezza riunite che ancora una volta poggiano sul bagliore degli occhi piuttosto che della mente; La Suburra non riesce ad elevarsi come luogo idealizzato e tossico di un’epoca. Il film è uno di quelli che non colpisce e non fa male al potere dominante,anzi con certi tocchi di supponenza visionaria forse solcati di volontà psichedelica senza aperto contrasto morale,lascia impressione involontariamente mitizzata del politico dionisiaco e appagato.
Franco Ferri
17 ottobre 2015