Checco Zalone
Il ritorno di Checco Zalone ha riportato di attualità fenomeni che erano di fatto scomparsi al cinema. Ressa alle casse,difficoltà nel trovare posti,sale che esauriscono subito la disponibilità. In un attimo sono svaniti nel nulla i concetti,i luoghi comuni sulla crisi del cinema in Italia alla faccia della pirateria dilagante,il costo esoso del biglietto,l’home video per irriducibili solitari con effetto placebo da grande schermo. Lo spartito invisibile ma convincente della confederazione mediatica suggeriva che si può vivere senza cinema morendo di televisione. All’improvviso la massa fedele ha disobbedito prima dell’ultimo respiro per ritrovarsi tutti insieme,vicini nel rituale del tempio più sconsacrato dal nemico,il cinema. Purtroppo non siamo al prologo di un reality del futuro in cui il popolo sarà cinefilo e interattivo,le macchiette mediterranee di Zalone non esisterebbero,non avrebbero avuto marcia trionfale senza l’astro magnetico della tv. Il film che da solo restituisce diversi punti in più al Pil anemico del cinema nazionale ha in sé tutto il background e le linee guida più in voga della telecrazia contemporanea. Si aggira per lo schermo una trama fragile che accarezza la pancia e la voglia di protagonismo dell’uomo qualunque inducendolo al tripudio ottimista di una realtà fasulla. Niente a che vedere con la commedia sulfurea e profonda,quella autorevole capace di fare la differenza con il ricorso all’intelligenza dello spettatore inducendo divertimento e riflessione. La leggerezza effimera di
Sole a Catinelle sta nei segni di un tempo sociale difficile ma ancora inequivocabilmente inquadrato,sotto diversi aspetti facendo giuste proporzioni,ricorda quelle commediole all’acqua di rosa che andavano fortissimo negli anni trenta. Come in quegli anni la lingua del cinema italiano è tornata incredibilmente autarchica,intraducibile nei valori e negli stili fuori dei confini peninsulari. L’evento odierno ci mette comunque al confronto con un lato positivo riproponendo il cinema a scenario fondamentale da gustare e vivere collettivamente,nessun film potrà levarsi ai fasti della notorietà e del mito senza prima passare per il buio onirico della sala cinematografica. Qui da noi stava emergendo un’immagine subliminale,strumentalmente deviata,che segnava la sala quasi fosse un luogo vintage. Negli Stati Uniti dove se ne intendono,ma anche altrove,il cinema è al centro di grande evoluzione tecnico culturale con alte affluenze sempre da primo piano. Farebbe piacere che l’impegno gigantesco profuso dalla filiera tv-cinema per la fiaba di Checco Zalone fosse riproposto tante altre volte per il cinema in generale,in un momento attuale dove molti film anche importanti non vengono distribuiti o sono fantasmi che appaiono poco.
Sole a Catinelle sta portando denaro anche a quei cinema dislocati nei piccoli centri,spesso osteggiati dalle stesse case di distribuzione,fra i quali ci sono coloro che hanno in prospettiva la probabile chiusura per l’insostenibile,forzata spesa per convertirsi all’impianto digitale. Il pubblico entusiasta che paga un biglietto per vedere il film è stato provocato magicamente dal potere del piccolo schermo,se tutti tornassero solo qualche volta all’anno il ciclo riprenderebbe livelli europei. In molti casi (lo dicono loro stessi) non sono frequentatori di sale ma se è esistita una prima volta,benvenuti al cinema.