Bradley Cooper nel Sapore del Successo
La cucina gode una visibilità mediatica molto in auge ma il cinema ha saputo ancor meglio esprimere i caratteri della disciplina mescolandoli alla variabile umana che sovrintende il talento. Pentole e cibo diverranno così il laboratorio della virtù dove la preparazione non assembla gli spunti pedagogici di una ricetta,si focalizza su ingredienti ed attrezzi del mestiere quali fossero la materializzazione della più intima ascesi a principio di un’arte. L’esegesi di qualcosa che assemblò con fantasia e credibile aderenza dello stesso piano fu un geniale film cartoon,
Ratatouille,portando in cucina la conoscenza culinaria di un topino come paradosso esistenziale a sublimazione di una disciplina senza confini e ostacoli. Rimase memorabile quella specie di duello a distanza tra i fornelli e la sala con Anton Ego,severissimo critico al servizio dei veri sapori che non temono l’esame del gusto. Stesso menù di tonalità e vibrazioni le ritroviamo ne
Il Sapore del Successo,si comincia quando la tavola è senza tovaglia,prospettive da incubi si addensano su Adam Jones (Bradley Cooper),un valente chef che per troppa capacità o forse per eccessiva presupponenza di se stesso ha perso la bussola delle grandi occasioni. C’è il ricordo sbiadito della stella Michelin guadagnata a Parigi mentre sono presenti tanti debiti,un cammino nelle dipendenze e qualche inimicizia per troppe disavventure ambosesso. Il background è di quelli chiamato zero,tuttavia ha desiderio di cambiare la rotta perché arte e creatività a volte possono invertire i poli e distruggere dall’interno chi le maneggia,come suggerisce l’ispido titolo originale (
Burnt),appunto,bruciato. Un sapiente equilibrio di sapori può dare adrenalina come fossero una tavolozza di colori che dipingono una grande tela e Adam crede negli ingredienti giusti in stile maniacale facendo trasparire grandezza arrogante. Questo Michelangelo dei nostri giorni sa produrre un’idea estetica totalmente rinnovata in cui la forma e l’eleganza di un piatto nell’attimo in cui si disfanno della fisicità assumono nel gusto le fragranze miscelate dei sapori,componendo nell’impasto virtuoso tutto il mistero,peraltro compiuto,di un perfetto senso metafisico. Il credo nella cucina ha un potere pratico e irresistibile ma giungere alla virtù significa prendere coscienza di un sacrificio che forse Adam aveva sottovalutato. Il progetto che ha in mente prevede un nuovo ristorante a Londra,e potersi fregiare di un’altra stella Michelin rappresenta speranza fiduciosamente coltivata. Comunque c’è da fare,l’immagine che il film vuol evocare sembra quella degli antichi cavalieri intrisi di leggenda nel cuore e un’epica da strenui combattenti con l’aiuto del personale corredo composto di amati coltelli alla stregua di una spada. Gli assistenti che lo seguono hanno stesse armi che sottintendono calore e fedeltà,la loro tavola rotonda è posta nell’arredo della cucina con fornelli,mestoli e lavoro ossessivo. L’ambita stella imbastisce una drammatica disputa sotto la pressione degli inflessibili critici della carismatica guida,perché l’arte sia pura verità,non può essere l’inganno dove i mediocri scorgono un velo per nascondersi. Scoprire la grandezza di quella pietanza,pensata e preparata con indomito spirito di perfezione e costanza Zen,significa affermare agli altri quanto il cammino dei propri sforzi abbia avuto una ragione di vita. L’insuccesso del passato diventa un patrimonio per capire il presente ma talvolta é una forza attraente e letale che non dà percezione oggettiva ad Adam dei propri passi.
Il Sapore del Successo avvicina con comunicazione dinamica e suggestione più prossima di altre storie il binomio uomo-cucina,intendendo per questo la migliore capacità introspettiva di elaborare la materia che esprime il cibo. Diretto da John Wells è stato sceneggiato dall’inglese Steven Knight,esperto del settore e scrittore di un altro buon film,
Amore,Cucina e Curry,nonché regista dell’ottimo,
Locke. La vicenda sarà un racconto movimentato e stilizzato sul carattere sfaccettato di un creativo oltre la figura di ambiente,ponendo le situazioni interiori in una ruota che gira sulle nebbie del dramma avvolte nei colori di commedia.