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Robin Williams, insegnò cos’è l’attimo fuggente
Una versatilità anticonvenzionale che si é imposta nella storia del cinema
L’istinto di un talento che trasformò la vita in pragmatica suggestione poetica

Robin Williams nei panni del prof. John Keating
Robin Williams nei panni del prof. John Keating
Nessuno avrebbe scommesso sul caratteristica che impersonava lo strampalato extraterrestre Mork,apparso prima nel serial Happy Days,in seguito affermato con una serie tutta sua,Mork & Mindy. In pochi si accorsero che tra le pieghe di quelle situation comedy standardizzate dalla tv stava nascendo un talento. Nel surreale colore di un personaggio sui generis c’era il prototipo di una mina vagante che se dosata al punto giusto avrebbe fatto decollare sul grande schermo le sceneggiature più difficili e colte. Robin Williams nella facciale adattabilità espressiva forniva immediatamente le linee guida dell’emotività,che associate alla gamma del carattere imbastivano qualcosa di originale oltre la comicità fine a se stessa. L’istinto,forgiato dal raro dono che accompagna l’unicità,sapeva rendere in sintesi con un paio di battute le tendenze,i ritratti a volte crudi,talora felici o malinconici issati nei vessilli di una società contraddittoria. Come succede negli artisti veri respirava profondamente l’enorme traffico di segni mediatici,assorbiva quei sapori da qualunque parte provenissero per poi distillarli nello sciame personalissimo ed esplosivo di una rilettura sarcastica. Tutto divenne ragione di uno stile che univa ironia ad etica corrosiva grazie all’apporto di intelligenti sketch fiondanti. Aveva intrapreso la strada dell’anticonformista carismatico e questa in un certo modo fu resa agibile dall’incontro avuto all’inizio degli anni ’80 con il regista più idealista del periodo,Robert Altman. Interpretò il ruolo più stralunato da personificare,Popeye,rilettura del celebre comix Braccio di Ferro, contribuendo a incrementare quel mix impareggiabile che legava Robin all’eterno duello realtà-fantasia. Successivamente viaggiò con autori di peso come George Roy Hill (Il Mondo secondo Garp) e Paul Mazursky (Mosca a New York). Il grande salto verso le vette dei box office coincise con Good Morning Vietnam di Barry Levinson,film del 1987,risulterà la pellicola con la quale divenne volto noto anche in Italia. Nel ruolo del DJ della radio militare in onda per le truppe in Vietnam si esprimevano i connotati del grande interprete,colui che riusciva a bypassare la tipicità di un genere mettendo in fusione le qualità del comico con ingredienti legati al fulcro drammaturgico. Questa straordinaria capacità lo condusse a tappe veloci in un sentiero solcato da novità determinanti nel cinema tra gli anni 80 e 90. Arrivò Terry Gilliam con Le Avventure del Barone di Munchausen in cui era il Re della Luna e con lo stesso autore fece,La Leggenda del Re Pescatore,acuta e sensibile pagina di meta esistenza. Cronologicamente in mezzo a queste due opere c’é il personaggio che più di altri lo innalzano all’immaginario collettivo,il meraviglioso e profetico John Keating,uscito dalle sequenze dell’Attimo Fuggente di Peter Weir,che suggerì e tramandò un certo modo di intendere,captare e vivere le occasioni esistenziali innalzandole a pragmatiche suggestioni poetiche. L’attore stava diventando poliedrico quanto congeniale per film senza confini,perciò fu facile incontrarsi con Steven Spielberg (Hook),rinnovando e riadattando alla modernità il senso mitico dell’interiorità. Gli anni ’90 furono il top della carriera miscelando entertainment puro (Mrs. Doubtfire) e impegno civile (Risvegli). Sotto quest’aspetto il periodo culminerà in spinte nobili morali quando fece Patch Adams,film sicuramente divertente al quale però dobbiamo la rivelazione di una filosofia terapica diffusasi rapidamente grazie al sapiente doble face della pellicola. Qualche mese prima di questo lavoro aveva vinto l’Oscar (marzo’98) con Will Huning – Genio Ribelle di Gus Van Sant tenendo a battesimo nel mondo degli attori ormai adulti Matt Damon e Ben Affleck. Sempre in quell’anno,mentre si accentuava il carattere malinconico,mettendo in luce l’altra parte della propria personalità,fu protagonista di Al di là dei Sogni di Vincent Ward,scritto da Richard Matheson. Era una storia di richiamo pittorico,evocatrice di affreschi e significati metafisici che stabilirà un rapporto diverso e confidenziale con il personaggio afflitto e confuso,in cui vedremo per la prima volta scomparire del tutto il sorriso. Attraversata la frontiera del nuovo millennio quasi per una increspatura che,chissà,stava tormentando assiduamente l’io reciterà in One Hour Photo di Mark Romanek,pellicola su scottanti temi della nostra epoca come la pedofilia ma rappresenterà in parallelo l’inizio di una parabola discendente. Negli ultimi anni il successo pareva allontanarsi e non lo hanno aiutato il gran numero di apparizioni in film medi. Gli autori e le sceneggiature forti divengono chimera escludendo dalla lista,  Christopher Nolan che lo ha voluto in Insomnia (2002) e il recente ritorno con Terry Gilliam nel cameo di The Zero Theorem. Con ogni probabilità è stato l’ultimo attore della storia del cinema che é riuscito a trascinare per un lungo decennio il destino artistico e commerciale di un film mettendo in testa al traino del marketing soltanto la forza assoluta di un nome e di un carisma.
Franco Ferri
25 agosto 2014