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Premi David, il cinema del governissimo
Il monolite Rai - Mediaset indica le nominations
Conflitti d’interesse, politici e critici nel voto meno cinefilo dell’anno

Ogni volta che un film vince un premio o si aggiudica un festival tendiamo a dare preminente valore agli aspetti estetici,linguistici,comunicativi abbinati al riconoscimento. Altri preferiscono l’enfatico risveglio tratto da un generico spirito sportivo che troppo spesso mal si addice ad una materia analitica e articolata qual’è la cinematografia. Alla sacralità sovente insondabile di questo genere di concorsi andrebbe aggiunto in certe occasioni dosaggio opportuno di sagacia per far riflettere critici e opinione pubblica. Se qualcosa sorvola il proscenio e le posizioni di merito,imponendo logiche politiche dominanti calate dall’alto,viene ad annullarsi quell’azione culturale,libera tipica del modo di comunicare di un film. Non è un richiamo generico,è una valutazione che sta affiancando e stringe il premio più rappresentativo del cinema italiano,David di Donatello,tutte le volte che vengono scelti candidati e vincitori. I premiati delle ultime stagioni,salvo rare eccezioni,non avevano compatibilità con criteri di alto valore cinematografico ma hanno lasciato alone di convenzionalità artistica nei titoli,nei protagonisti,nelle professionalità che casomai tenevano forte la bandiera di un’indomita casta. Resta memorabile l’edizione 2011 che,fra comicità ruspante e realismo antidiluviano,riempì uno score da parodia in stile Razzie Awards. Si potrebbe obiettare che in ragione di una causa-effetto la storica competizione raccoglie ciò che trova nello striminzito orticello casalingo,però sorprende che fra i nominativi dell’Accademia insigne,presieduta da Gianluigi Rondi (foto sotto),organizzatrice del concorso troviamo puntualmente gli stessi soggetti in veste di produttori ed altro dei film in gara. Torna a galla il tipico conflitto d’interessi solitamente intessuto in quei legami domiciliati fra industria e politica,trasversali agli schieramenti,ora magicamente conviventi per virtù governative.

Gianluigi Rondi
Gianluigi Rondi
Non entriamo in merito sulla qualità o meno delle nominations 2013,ci pare indubbio semmai che il trend prosegua alla stregua di una tradizione inviolabile. Nel campo dove gli arbitri sono anche giocatori, Domenico Procacci produttore di Diaz,film candidato in 13 categorie e Reality con 11,risulta membro del consiglio direttivo dell’Accademia dei David come del resto Angelo Barbagallo,il producer di Viva La Libertà con 12. Riccardo Tozzi,vice-presidente dell’Ente e produttore di Educazione Siberiana di Salvatores,deve invece accontentarsi di 11 candidature. Esiste un denominatore comune di questi film facente riferimento d’obbligo ai blocchi Rai - Mediaset,naturali appendici di un sistema politico integrato che vanta molti aventi diritto al voto. Fra i giurati ricordiamo Gianni Alemanno,Renata Poverini e Nicola Zingaretti,importanti politici romani che speriamo vedano i film da votare,non mancano i Letta (Gianni e Giampaolo),qualche ex dirigente Rai di sponda cattolica e tanti parenti che hanno ereditato il diritto da nomi celebri del passato. Nel calderone da conclave cinematografico non manca l’informazione a compimento di un magnifico percorso che unisce personaggi della critica cinematografica a quello che si può definire il marketing del film. Lasciamo a casa per un attimo il principio dell’indipendenza di una recensione (ormai quasi sempre agli arresti domiciliari) ma Piera Detassis,Franco Montini,Steve Della Casa e Fabio Ferzetti,grandi elettori del David,quando scrivono e parlano di un film avranno a cuore l’interesse del lettore o quello dei poteri forti del cinema ?
Franco Ferri
19 maggio 2013