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Nastri d’Argento, il vecchio che avanza
Il premio dei critici indica una tendenza cronica del cinema italiano
Tra assenza di novità e non passa lo straniero escono vincitori solo i dubbi

Laura Delli Colli,Presidente SNGCI
Laura Delli Colli,Presidente SNGCI
I 67°Nastri d’Argento consegnati a Taormina traducono in premi le volontà di una sigla storica del giornalismo cinematografico,SNGCI. Sono state assegnate una ventina di categorie principali che hanno visto primeggiare con sei riconoscimenti La Migliore Offerta di Giuseppe Tornatore,quattro sono andati a La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino,tre a Reality di Matteo Garrone (Premi & Festival). A prima vista la concentrazione verso titoli di richiamo che hanno avuto visibilità nel box office offre un’istantanea dei premi non dissimile da altri,peraltro sostenuti dall’industria. La questione principale rimane il valore dei film ed essendo riconoscimenti provenienti dal mondo della critica ci interessano nella sostanza. In effetti focalizzano in maniera nitida,distillano un minimo comune denominatore che esprime nelle tematiche,nello stile delle pellicole selezionate uno specchio oggettivo da vecchio modo di intendere la cinematografia. Il cinema italiano da anni non permette più la migliore offerta di grande bellezza,giocando in anagramma con le storie pluripremiate di quest’edizione. L’illusione meritocratica sventolata dai Nastri d’Argento porta in luce la conferma di una cinematografia distante dalle strade correnti e pericolosamente ripiegata su se stessa. La crisi diviene ideale prima che economica,La Migliore Offerta e La Grande Bellezza sono il sipario barocco per nascondere il vuoto del palcoscenico,un fondale decadente che surroga in forma colorita e di orpelli la bizzarria di contenuti praticamente spenti. Una fotografia piena di effetti speciali per occultare l’idiosincrasia a raccontare un paese e il suo passo socio culturale,un Reality che non fa più sgorgare forza semantica impaludato com’è dal linguaggio convenzionale e dai ritratti elementari.Si è lodato il presunto ricambio generazionale eppure il film più gettonato,La Migliore Offerta ha avuto visibilità per il richiamo fatale di un interprete,un attore australiano di oltre sessant’anni,Geoffrey Rush,determinante nel successo della pellicola. Per questo avrebbe dovuto ricevere nomination e premio della migliore interpretazione ma forse ha pagato il prezzo salato di non essere italiano. C’è un clima di neo autarchia nel cinema italiano,quei momenti bui che a volte ritornano come politica protezionistica lontana da un confronto di stili e pensiero. Sembrano echeggiate dal grido di non passa lo straniero l’eliminazione di categorie importanti a riconoscimento del cinema internazionale.

L’anno passato venivano ancora assegnati i Nastri al miglior film europeo ed extraeuropeo,ora vengono tramutati in Nastri Speciali per i più domestici,Roberto HerlItzka,Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini. Infine una nota che dona tono umoristico alla scelta di alcuni vincitori. Le professionalità di Antonio Cecere (Sonoro),Maurizio Millenotti (Costumi),Luca Bigazzi (Fotografia) hanno potuto contare su un valore aggiunto,rispetto a quasi tutti gli altri candidati,per aver collaborato in due o più lavori. Come dire che se avessero fatto un solo film la loro quotazione di merito varrebbe il 33% o 50% nei confronti del premio potenziale.Stessa condizione surreale per Jasmine Trinca,giusta vincitrice del Nastro Migliore Attrice,ma che per conquistarselo ha dovuto sudare e fare straordinari in due produzioni. Più seriamente sarebbe bastata solo una di queste,Un Giorno Devi Andare,di gran lunga il miglior film italiano dell’anno che invece è stato quasi messo in disparte. Chissà,forse era veramente straniero.

Franco Ferri
20 luglio 2013