Minions, Immagine dal film
Ci voleva una trovata per far diventare protagonisti i buffi Minions,una di quelle che sconvolgono gli assetti consolidati degli allegri figuranti e le loro gag al servizio dei
Cattivissimo Me in cui erano le mascotte del perfido Gru. Pierre Coffin,deus ex machina della saga nonché ideatore delle creature gialle fin dal 2010 con il corto
Banana,vista la crescente popolarità dei suoi personaggi passa al lungometraggio per completare un percorso sicuramente più prestigioso quanto insidioso. Si avvale nella scrittura di Brian Lynch che aveva dimestichezza con cartoon (
Il Gatto con gli Stivali) e subito dopo un video proprio sui Minions. Gli sketch precedenti per quanto simpatici potevano essere di respiro breve in un contesto più ampio,serviva qualcosa che andasse oltre il prequel o il sequel per implementare nel pubblico una considerazione carismatica affine all’originalità. L’impresa di non facile attuazione avrebbe trovato sussistenza nel momento in cui gli ometti gialli possono trasferire il baricentro delle loro caratteristiche gioiose ma dal carattere imperfetto nella centralità di una sceneggiatura complessa. Un cambiamento profondo di solito avviene con lenti processi,spesso difficoltosi e pungenti,sempre colmi di battaglie,ma le trasformazioni sono alla base della Storia secondo quanto apprendiamo dai dettami legati all’evoluzione. Quest’ultima parola diverrà un comandamento primario,così viaggerà magicamente in un percorso dinamico a due facciate,sarà la scintilla dei
Minions,prevedendo il disegno della qualificante metamorfosi narrativa di una specie succube e troppo al servizio altrui. Verrà associata al tempo stesso ad un percorso creativo interno al film per irrobustire di capacità surreali e complete la verve dei protagonisti. I poveri ometti nelle epoche precedenti andavano sempre alla ricerca di un padrone ma per scarse attitudini e lungimiranza sono finiti depressi e chiusi in se stessi senza prospettive. Per questo mandano fuori dalla caverna ghiacciata dove vivono,Stuart,Kevin e Bob per trovare un nuovo capo cattivo che li renda di nuovo consapevoli dell’esistere. Dopo un passaggio a New York giungono in Inghilterra nel ’68,uno dei periodi più propensi di tutta la Storia per evolversi e progredire,quando Londra poteva fregiarsi a buon diritto con il titolo di faro mondiale dell’innovazione. Qui comincia per i tre Minions un percorso nel colore magnetico di quel periodo fatto di immaginario e look che divengono un potere per il desiderio. La fortuna li ha assistiti concedendogli i favori della nuova cattivissima Scarlet ma la corsa per la leadership trova strade inattese e tortuose quando sono incaricati di prendere la corona dell’allora giovane
Queen Elizabeth. Il film da questo momento è un completo circuito che elettrizzerà gli spettatori più esigenti senza di certo dimenticare i patiti del solo intrattenimento,la chiave del successo imponente risiede nei suoi capitoli irresistibili scritti pensando a commedia e fantasy sottolineando uno dei migliori cartoon degli ultimi anni. Le sequenze intrecciano le tipicità e il candore dei Minions che scontrano,incontrano un mondo al quale non tendono la mano per precise scelta e capacità. Grazie al non sense fanno comunque le cose giuste come può succedere a pochi leader illuminati e ciò che è cattivo di fronte all’evoluzione tende a scomparire. L’irrazionale sagacia prerogativa dei grandi comici prende quota notevole nel rovesciare lo status quo,la sovversiva vitalità delle loro azioni rimanda nel tessuto narrativo non certo ad un quadro apparente e citazionista. I miti di quegli anni in un mondo che stava mutando senza fermarsi sono stile senza macchia per il cambiamento carismatico di Stuart,Kevin e Bob. In tutta la vicenda c’è full immersion mai nostalgica e rivolta al presente in evidenti deduzioni etiche. La passione giustifica la presenza,quasi che musica e glamour siano verbi immortali dal principio attivo tuttora valido rispetto a quelli meno buoni e ambigui (la discesa sulla Luna?),almeno secondo gli autori. Il gusto pop rinnova eccellente visualità e l’arte dell’immagine non rimescola ma sa plasmare tante fonti al modo che fu di Andy Warhol concedendoci un’omogenea,perfetta storia
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