Intorno e dentro le vie della globalizzazione si stanno sviluppando con sottigliezza e impalpabile definizione gli assetti che stabiliscono il potere del mondo. Tutto appare come non è cercando interpretazioni dalla fonte dei mezzi di comunicazione,che sembrano le pedine fondamentali nel gioco delle metamorfosi. Il potere,parola dall’immagine indefinibile,non lascia sempre traccia di superficie in luoghi e uomini di facile reperibilità ma seduce,adegua prospettive cambiando spesso frequenza. Avvenimenti e ripercussioni s’insidiano nel metabolismo del mondo sotto il segno della casualità ma in ognuno di loro l’apparenza è una pièce teatrale che avvolge un disegno strategico più ampio. Le dinamiche socio politiche si diffondono in modo da divenire commestibili con la sensibilità delle masse ma i veri intenti si realizzano lontano,tra le secche dell’espressione popolare tradita. A primo impatto sembra che vogliamo introdurre un trattato piuttosto complicato sull’astratta facciata,autoritaria e transnazionale,sulle elite di comando nel nuovo millennio,ma in realtà stiamo solamente traducendo qualcosa dedotto dal cinema. I comics Marvel portati al cinema coniugano entertainment con la parte più sottile di un mondo sotterraneo e ferocemente attuale in cui la vera mappa delle dispute ideali o di contesa per lo scettro del più forte non si accentrano come in passato con schieramenti schematici di eserciti imponenti ma esigono strumenti evoluti e molto più destrutturati. Nel circolo comunicativo dei personaggi ideati da Stan Lee troviamo un patrimonio immaginifico,carico di iperrealtà,che adatta espressivamente la configurazione di una decodifica appropriata di questo status. Il fantasy non allontana affatto la relazione con il filo legato ad un mondo riconoscibile,anzi facilita la messa a punto di un affresco figurativo e segreto che si adagia sulla verosimiglianza contemporanea. In alcuni dei film targati Marvel c’è più continuità e filigrana rappresentativa,fluidifica del pensiero socio politico dei nostri giorni,rispetto a tante altre pellicole sedicenti impegnate ma dalla spinta poco geniale. Ant-Man è un capitolo Marvel che concentra attenzione sulla dimensione del personaggio mettendo in risalto la linea accidentale che provocherà un suo cambiamento assoluto. Nei fatti comincerà un percorso di trasformazione che condurrà Scott (Paul Rudd) sotto il controllo del dottor Pym (Michael Douglas) divenendo Ant Man,esperimento umano di riduzione molecolare da usare come asso nelle sofisticate tattiche delle industrie belliche. In quella tuta tecnologica non vengono calati i panni del supereroe ma si adattano le condizioni primordiali che potrebbero crescere in prospettiva con il convincimento e la disciplina interiore. Possiamo definirlo una sorta di prototipo in fase iniziale che ricorda struttura e archetipi vicini agli Avengers,mentre nel ricorso narrativo dove l’organismo umano prende funzioni e particolarità delle formiche risalterà la password di una nuova figura ristrutturata affine a moderne battaglie. Seppur in modo soft rispetto ad altri Marvel ritorna il discorso sulle lotte di potere e sull’esigenza che questo vada possibilmente nelle mani giuste di chi crede in un mondo di libertà. La sceneggiatura propende per l’intercalare personale,familiare di Scott/Ant Man con fasi che nell’intelaiatura generale del film tendono a rompere ritmo e risultanza stilistica del lavoro. Alla resa finale il classico scontro ideale foriero di epica avventurosa tipico nei Captain America o Avengers apparirà un gradino più sotto.