Alejandro G. Iñárritu con l'Oscar
La rivisitazione a mente fredda dei premi assegnati all’87°Oscar porta in luce il ritorno ad un fervore che unisce grande cinematografia a risvolti significanti di questi anni. Le quattro statuette a
Birdman non sono la semplice somma di un film che ha dominato il più prestigioso riconoscimento del mondo ma contengono un piano di lettura complessivo nel quale il cinema offre alla cultura e alla società un oggettivo filo prospettico per interpretare il divenire dell’uomo. I passi che s’intravedono riguardano lo stretto rapporto tra questo e crisi dentro tipicità con i quali continuiamo a familiarizzare di questi tempi. La splendida figurazione rappresentata dal personaggio di Riggan (Michael Keaton) illustra degnamente i capisaldi umani ed etici ai quali tende a restare aggrappato. Il film porta lo stesso,assieme allo spettatore,verso una strada rivelatasi poi disturbante e piena di equivoci,rappresentata dal passato che stratifica un fardello pericoloso e pieno di tranelli inconciliabili con il desiderio di nuovo cammino. Successivamente presenta in altro aspetto l’articolata e nebulosa descrizione della società odierna che l’uomo non riesce sovente a decodificare e di conseguenza non sa agganciare per il rilancio di se stesso. In quel perfetto ritratto a volte metafisico,a tratti cinicamente nascosto quasi fosse un puzzle impercettibile,il film estrae il sale della genialità quando Riggan avendo fatto un duro lavoro introspettivo scoprirà che la dimensione del futuro e quindi del cambiamento,possono essere raggiunte. La pellicola di Iñárritu parla a tutti,contenendo un messaggio senza barriere che insinua la corrente quotidianità fornendo insegnamenti e decodifiche pregnanti; avrebbe meritato senza mezzi termini anche il quinto Oscar,quello per Keaton a suggello straordinario di autobiografia e fiction. L’Academy però nell’unico neo dell’edizione ha voluto usare il bilancino politico che pretende redistribuzione alla domanda di premi sollecitata dall’industria,anche se nella sostanza resterà la rilevante di queste attribuzioni in qualche misura storiche. Possiamo definire
Birdman un film filosofico che descrive il filo irrazionale dell’epoca attuale e sa guardare in prospettiva. Per ritrovare film fondamentali nell’interpretazione esegetica del momento dobbiamo tornare al 2000 e 2006,le annate dell’incoronazione di
American Beauty di Sam Mendes e
Crash di Paul Haggis con vicende analogamente vicine al premiato odierno per simbiosi e coraggio. Nelle edizioni targate nuovo millennio abbiamo visto gratificare storie di impegno civile (
The Hurt Locker) che guardavano all’immutabilità dei diritti civili (
12 Anni Schiavo) o all’esaltazione estetico strutturale di nuovi modi narranti (
The Departed) e (
Non è un Paese per Vecchi). In molte scelte i professionisti del cinema hanno fatto valutazioni molto più sensate e innovative in uso presso celebri festival della settima arte che spesso pare abbiano perso la bussola delle vie del cinema. Qualche volta in verità può prevalere la classicità senza impeto (
Il Gladiatore) e (
Il Discorso del Re) ma state sicuri che al momento opportuno l’Oscar sa firmare la storia del cinema.