Michael Fassbender in un doppio ruolo intrigante
Il temine alieno trovò sempre maggior diffusione nei linguaggi parlati e nel definire concetti di estraneità,avversità,diversa natura di un soggetto rispetto a un monolitico sistema di riferimento,grazie alla diffusione stratosferica del film
Alien. Il film di Ridley Scott alla fine degli anni settanta,prim’ancora di esprimere uno speciale gene del genere fantastico,aveva in sé una struttura claustrofobica che poneva di fronte uomini e paure ancestrali. Queste nascevano dall’ordinaria solitudine di una missione dove si stava frantumando la sicurezza del connubio tra scienza e universo,tra apoteosi di nuovi orizzonti e abbandono nel nulla. Quel thriller spaziale rimetteva in gioco i timori e i dubbi sui mondi sconosciuti che la cultura positivista del decennio aveva elaborato come costruzione etica di fratellanza infinita. Lo straniero,
Alien,la cosa più lontana e mai apparentabile con l’origine del genere umano diventava la presenza più terrificante,forse l’evocazione meno auspicabile dagli anni in cui apparve sugli schermi
L’Esorcista. Uno studio interdisciplinare che riveda in parallelo letture fra racconto cinematografico e fenomeni sociali potrebbe di sicuro rilevare materia storiografica non politically correct. Alla base il metodo andrebbe preso in considerazione anche in direzione del futuro,aspetto del resto tipicamente congenito nei film di
fantascienza o fantasy,sebbene proprio Ridley Scott di recente ha espresso strali negativi verso i secondi. Crediamo che non possa esistere una divergenza totale,un muro contro muro sull’architettura portante e comunicativa dei due generi. Un criterio più moderno vede fantascienza e fantasy divisi soltanto nell’approccio generazionale mentre organicamente possiedono medesima vocazione all’affresco significativo e alla definizione più ampia di prototipo. Cercando varianti apprezzabili su mostri & alieni notiamo che negli anni Alien,ringraziando popolarità e follower in quantità,ha invertito sensibilmente l’oscura marcia degli inizi perché oggi è un’icona quasi domestica,richiesto per selfie da fan club nei parchi gioco anche dai bimbi. Sarà che nell’ambiguo step dei ruoli,nell’incalzante trucidità delle azioni,l’umana ragione rimane sempre confusa e ammaliata,ma potrebbe essere una pista ancora consapevole quella foto un po’appassionatamente freak della creatura extraterrestre a farcelo immaginare come uno di noi. Arthur Conan Doyle diceva che,
“Quando hai eliminato l'impossibile,qualsiasi cosa resti per quanto improbabile deve essere la verità“. Distanze e contorni familiari si avvicinano,visto da quello specchio ingegnoso che resta il grande schermo andremo a scoprire un disegno mutante ineffabile dove meditare tra razionalità e fuga da paure per l’ignoto.
Alien,divenuto franchise rispettabile non poteva restare prigioniero di cliché invecchiati prevedere per lui un plot significante,alieno da repliche polverose,era d’obbligo
. Non per caso il trattamento di
Alien Covenant viene affidato a John Logan,player dalla sintesi fantastica (
The Aviator,Hugo Cabret,Skyfall,Genius),che sa come stilizzare una sceneggiatura in perfetta alchimia contenutistica lasciandola poi decantare nel flusso dinamico di una storia. Il racconto dell’ultimo film riprende il personaggio di
Prometheus,interpretato da Michael Fassbender (David),inserendovi un nuovo protagonista gemello (Walter),più brio,e giusta contrapposizione di caratteri diversi fra loro,il tutto sullo sfondo dell’inquietante sviluppo del mostro. Le due figure omogenee nel percorso rappresentano personalità su scala evolutiva la cui competizione apre a passaggi di carattere filosofico che vanno da religione,cultura e prospettive universali. Nell’avventura risucchiata in un imprevisto disastro qualcosa di impensabile sta maturando,la ricomparsa di David che gioca alla creazione,porta la vicenda su un piano dove la genetica di Alien diviene una partita continua di cambiamenti di pelle e rinascite incredibili. La creatura tenebrosa comincia a rivelare pagine finora mai immaginate,il film miscela il pensiero sull’evoluzione di stampo darwiniano con le teorie leggendarie,affascinanti che immaginano la vita del nostro pianeta innestata da forme e chimica di altre galassie. Un cammino e un mutamento a velocità evolutiva sostenuta per giungere agli uomini attuali. Non bisogna prenderlo come un dogma,però di sicuro teoremi inebrianti e pellicola fantasy intrigano scaldando la discussione,e in sala Alien non sarà mai più considerato creatura aliena.