Critica e opinioni cinematografiche nella crisi che ha distrutto il libero dibattito
L’auspicio di nuovi Cahiers du Cinema per rompere il muro del conformismo
Cahiers du Cinema: Truffaut in una rivista profetica
l cinema per determinazione imaginifica e ampia possibilità di lettura rappresenta una chiave fondamentale per vedere lo stato delle idee,percepire il disegno di una libera creatività o far gridare indignazione quando viene negata. Un film spesso e volentieri ha la stessa funzione della psicanalisi nel rapporto dialogante fra se stessi e gli altri lasciando all’apertura di questa porta una traccia che infonda auspicabili desideri di conoscenza mai disgiunti dal fattore positivo. L’importanza delle opinioni mette in primo piano un altro segmento che introduce al ruolo mediato tipico dell’informazione,nel quale cinema e critica svolgono trait d’union con l’orizzonte connesso di cultura e società. Purtroppo il mondo dell’opinionismo cinematografico sta vivendo un pessimo momento a causa di scelte che lo hanno portato distante dall’analisi imparziale in ragione di una predisposizione editoriale esasperata al marketing nonché di una generale stretta antilbertaria presente nei media italiani. La tv nazionale non fa programmi sul cinema ma spaccia come fosse esempio di cultura l’ora di autopromozione per film aziendali. Se passiamo a periodici e quotidiani,legatissimi comunque al carrozzone,la dedizione allo sponsor-pellicola può assumere toni dagli strascichi grotteschi trasformando i critici in tifosi di stampo calcistico. Negli ultimi dodici mesi
Il Capitale Umano è stato un esempio classico; diviene evento applaudito come fosse un capolavoro unendo politici e giornalisti con l’unico intento di portare gente al cinema. Quale fosse il vero valore di quel film lo ha successivamente dimostrato l’opinione internazionale con giudizi mediocri e l’indifferenza di un pubblico abituato ad opere più autorevoli. Certi episodi documentano la connection tra casta,politica ed economia che ha distrutto il libero dibattito soffocando di fatto giudizi aperti alla verità,ma i critici italiani sono il sistema immunitario scardinato per manifesta disponibilità all’obbedienza,al conservatorismo,all’inadeguatezza. Se un film italiano è veramente brutto ma appartiene a qualcuno dei soliti nomi protetti,nessuno potrà dirlo apertamente anzi i giri di parole e il conformismo ne faranno troppe volte un make-up invitante. Nel medesimo istante l’abiura del libero arbitrio impedisce l’accesso tematico a molti film innovativi di provenienza internazionale ai quali guardano sempre con sospetto e distanza. Conoscere e sviluppare le tematiche del linguaggio come pure quelle di una società in evoluzione che il cinema spesso sa anticipare con lungimiranza porterebbe enormi benefici ma a qualcuno il galoppo della cultura fa paura. Viviamo un periodo che sotto molti aspetti trova analogia cinematografica e affinità elettive con gli anni ’30 del novecento italiano,quando la cultura,la produzione nazionale erano di stretta osservanza autarchica. Ieri come oggi critici e opinionisti si chiudono in questo ovile mai con occhi all’esterno,magari applaudono interpreti che non sanno cosa sia la recitazione però fa rendere bene in termini di vantaggi personali. Spiace che anche all’interno del mondo nuovo cui apparteniamo,il web,risalti ancora una mentalità copia incolla importata dalla tradizione del mondo cartaceo,forse prevale timidezza analitica,qualcuno ha timore reverenziale,si fa fatica a vedere la novità vera. C’è un grande bisogno di voci specialistiche che facciano conoscere la sottile anima di un film magari nascosta tra le pieghe di una storia senza farla travolgere e confondere dall’urlo di un facile gossip. Sarebbero un faro e un filtro selettivo necessario non solo per lo spettatore ma anche per coloro che fanno o vogliono fare cinema. I critici hanno il dovere di scoprire,divulgare nuovi talenti e tendenze contro la cartolina dell’esistente che al contrario incoraggia una cinematografia senza slanci adagiata ed accarezzata nella cristallizzazione. Fra gli anni ’50,’60 fu proprio il potere del dibattito acceso dalla rivista francese,
Cahiers du Cinema ad infrangere vecchie concezioni riversando nella società e nella cultura idee profetiche quanto pragmatiche. La generazione di critici ebbe il merito di far scaturire ben presto un’ondata di nuovi autori per lo schermo e l’auspicio si ripropone nel momento in cui il pubblico sembra non amare più la mitopoiesi da grande schermo. Le poltrone delle sale vanno in depressione anche per le negligenze di precisi orientamenti specialistici.