Lily James é Cenerentola
Il racconto,
Cenerentola rappresenta tappa importante e di passaggio per casa Disney. Solo qualche anno prima,quando la guerra era ormai alle spalle,Walt aveva bisogno di un rilancio dello studios che aveva dato grande contributo all’animazione con
Biancaneve. Il film cartoon fu una grande affermazione commerciale ma i successivi lavori,
Fantasia e
Pinocchio,non ebbero lo stesso esito e i bozzetti di
Cenerentola che già erano in gestazione da stagioni rischiarono di non veder mai la luce dello schermo. Mr. Disney pensava di chiudere con i cartoon ma la storia dell’umile ragazza che risorgeva era qualcosa oltre il sogno perché suggestionava le coscienze ferite di generazioni uscite dalle macerie. Così nel 1949 l’arrivo nei cinema dissolse ogni dubbio rimettendo in carreggiata simultaneamente la macchina del successo e di un prestigio che
Cenerentola ha mantenuto inalterato fino ad ora. Alla base della nuova versione c’è senz’altro il disegno finanziario di rinnovare la gestione di un celebre logo però nel medesimo istante scatta un’operazione culturale che nel rilancio cerca elementi di novità da inserire nel format.
Cenerentola diviene in tal modo campo di sperimentazione per scrittura,un altro punto di vista visionario che intercali i caratteri dei personaggi nell’impatto con attori senza per ciò alterare gli archetipi del racconto. La trama del cartoon originale mostra la tendenza tipica del prodotto Disney di allora,ha le sembianze della situation comedy ante litteram dove animali antropomorfi creano momenti allegri,bizzarri,surreali girando attorno alla vita triste di Cenerentola e stabilendo una serie di sottostorie intorno a quella principale (Castello,Principe,Danze) che in verità appare molto simile a un’operetta ottocentesca in cui la fiaba fonde persuasione lontana dal reale. L’attuale riduzione in live action guarda con rispetto al palinsesto del passato ma vuol girare pagina,va ricondotta all’esegesi di uno stile apparso inequivocabilmente gotico,ridisegna scenografie e fondali mentre considera nello script un certo spessore di drammaturgia che ci porta a contatto con qualcosa di assoluto,di fatto inesistente nella versione cartoon,se non in maniera intuitiva. La morte è prerogativa insita della realtà,come tale snoda i rapporti tra la fanciulla e il padre,allo stesso tempo dirige occultamente i sentimenti tra il giovane principe che disporrà delle aspettative del Re,il tutto non si dirige verso un centro chiamato fine ma acclimata diversamente il principio del cambiamento visto attraverso fasi di trasformazione. Cenerentola (Lily James) a differenza dell’omologa nel cartone animato deve rendere commensurabile al mondo materiale di pertinenza umana il significato di destino togliendogli l’accento desueto di magica fatalità. La costruzione del personaggio non può non prescindere da un legame con l’essenza,quindi deve fondersi su una presa di coscienza dell’essere che in dinamismo narrativo vorrà dire emersione dell’
io sono. Senza questi passaggi formativi non poteva esistere la Cenerentola del 2000,sarebbero mancati aspetti fondamentali,sensibili per tratteggiare la forza interiore come pure saldare le basiestetico culturali che definiscono il fascino femminile. Chris Weitz,sceneggiatura,Kenneth Branagh in regia hanno trovato un insieme polivalente che mette d’accordo echi shakespeariani con l’appeal del moderno racconto fantasy. Grazie alla tecnologia l’espressività compositiva ha potuto aiutare anche le definizioni contenutistiche. Nello specifico sono state fatte scelte che hanno adagiato la scena vivente su fondali di opportunità,ovvero porzioni di set con attori messi davanti al blue-screen,dove in post produzione si applicano i quadri dell’immaginario. Il mondo del reale s’implementa con quello fantastico senza divisioni posticce,l’action si tinge di animazione ma non viene tradito lo spirito ideale del vecchio cartone animato e grazie alle inquadrature fissate in pellicola il pastello del colore prende tutte le tonalità viventi.