Nel “Discorso del Re”,la fondamentale figura del logopedista riabilita il profilo di George VI°
Un metodo per attori trasforma la voce del re d’Inghilterra in un testimonial carismatico
Geoffrey Rush (Lionel Logue)
Una delle maggiori doti che portano il film dentro un livello di superiorità risiede in un lavoro di cesellatura a qualità cinefila veramente apprezzabile. La vicenda che storicizza ed in qualche capitolo aderisce ad una certa classicità,va ad indagare il groviglio di un sovrano sciogliendo l’effetto di un imperdibile momento di gloria. Il pregio non sta nell’aver destrutturato la figura del re offrendoci una sensazione di egualitarismo,quando espone la vacillante figura di Giorgio VI° davanti alla prova del regno in una sorta di psicanalisi borghese. In fondo il cinema moderno ci ha abituato e nutrito a modelli del genere. La novità di rilievo si può vederla nel personaggio del logopedista Lionel,imprevedibile totalmente asimmetrico nei confronti di regole ordinarie. La chimica che possiede non è quella di uno scienziato o di un teorico ma è congenita,somigliante a quella di un regista più specificatamente a un direttore di recitazione che sa tirar fuori lo spunto che manca all’attore per compenetrare il personaggio perfetto.
William Shakespeare
Attraverso la sua impervia opera di fede shakespeariana non ci sono soltanto le fasi di una crescita individuale ma l’attuazione di un’immagine rappresentativa per una nazione che non può non essere incarnata da un personaggio carismatico; un interprete che sa catalizzare nei toni delle corde vocali attese e speranze nel più tipico moderno stile del testimonial mediatico. Il gioco dei conflitti è pane per Logue (Geoffrey Rush),pur non essendo stato un grande attore,contempla ugualmente l’energia dei migliori e sa tirar fuori la grinta giusta per il momento opportuno. Il microfono è un sipario che quando si apre ti mette a duello con un invisibile giudice chiamato pubblico. Sai che devi prendere l’onda cavalcarla e lasciarti danzare,non puoi averne timore e sbatterci contro,ne verresti travolto senza rimedio. Quel palcoscenico funziona così e la lezione del logopedista australiano cattura la personalità insicura del re (Colin Firth) riuscendo a correggere la pronuncia che inciampa. Il metodo seguito è una tecnica pressappoco parente del sopruso,non viene appresa con lettura di manuali,si evidenzia dolorosamente come il tirar fuori senza anestesia un corpo estraneo da una ferita,ma per Tom Hooper sembra un’impareggiabile lezione di vita che accomuna al più alto traguardo dell’arte.