Le candidature al premio indicano distanza fra i film e un’apprezzabile livello di qualità
Crisi e mancanza di talenti fanno pensare al “Razzie”,rassegna Usa dedicata al peggio
Al David di Donatello fioccano candidature con due cifre e si polarizzano verso
Noi credevamo di Martone (13) e
Benvenuti al Sud di Miniero (10) che alcuni media sintetizzano come omaggio all’anniversario dell’unità d’Italia. Il nostro sguardo però deve mantenere come sempre un’ottica rigorosamente cinematografica e ripensando alle parole di Gianluigi Rondi,gran cerimoniere della rassegna, ”
Nonostante le critiche e le presunte crisi il cinema italiano riesce ad imporsi con grande forza”,possiamo commentarle che mai come quest’anno il cinema italiano si è affermato con un netto distacco da un quoziente accettabile di qualità. Questa edizione dei David risulta significativa nel quantificare i due grandi filoni che da tempo sono la fisionomia del cinema nazionale. Troveremo da una parte il ricorso al passato che anche quando non cerca retorica,nel caso della pellicola di Mario Martone,assume atteggiamento distaccato dal contesto presente accendendo dibattito soltanto nell’effettività storica.
Il pluricandidato 'Noi Credevamo'
Al contrario tanto per fare esempio
Il Discorso del Re,apparentemente film retrospettivo,ha al suo interno input che si ricollegano ad una modernità comunicativa nell’esprimere concetti paradigmaticamente odierni. Nel secondo filone si conferma l’accredito in larga scala del cinema cosiddetto di evasione che,caso unico nei premi nazionali di cinema finora assegnati,riesce a oltrepassare la sacralità dell’evento divenendo oggetto d’arte fregandosene dei criteri di commedia e fuggendo da ogni considerazione satirica e approfondita sulla società. La forza carismatica di un premio viene dal rapporto che si instaura con film a stretto riferimento con una definizione di originalità e di prototipo. Nel momento in cui si sceglie
Benvenuti al Sud questo viene meno essendo la pellicola un rifacimento anzi,come sostengono molti,un copia/incolla,di un celebre film francese di qualche anno fa.
Fra le nominations vediamo titoli molto lontani da un quoziente meritocratico,
Immaturi,Nessuno mi può giudicare,l’insipido
Basilicata coast to coast,oppure
La nostra vita di Luchetti che l’autorevole magazine
Cahiers du Cinéma ha definito pieno di banalità sociologiche.
L'ironico premio'Razzie'
I David di Donatello nacquero in un contesto che lasciava preminenza alla dicotomia arte e cultura,se oggi mettono in vetrina un prodotto non elevato,dimostrano di essere ancora il termometro di una stagione ma anche il sismografo puntuale di una crisi iniziata ieri. L’insidia maggiore nel mettere in luce le lacune di una cinematografia senza bussola ha effetto destabilizzante nella natura stessa di un premio che ha come priorità la certificazione di un livello superiore. La fotografia contrastata che ne deriva appare l’altra faccia seriosa del celebre premio americano
Razzies Awards,la più celebre rassegna dedicata ai peggiori film. In fondo la definizione di brutto quantifica una forma,stabilisce un concetto estetico che ha dignità e considerazione ma non vuol confondersi con l’appellativo di mediocrità,immagine sovente ispiratrice del nulla. In questo quadro è vivace l’ironia,una perfida maestra capace di distillare ritmi selettivi come pure di generare evolutiva competizione. Se anche da noi nascesse solo per un attimo un format simile,senza abituali coabitazioni con la semiclandestinità, il primo beneficiario sarebbe proprio il premio nazionale di cinema che per selezione naturale tornerebbe a mettere in mostra nel proprio vivaio la vegetazione di splendide orchidee