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Fury, lo schermo strappato a Brad Pitt
Il fallimento di Moviemax forse impedirà di vedere al cinema un ottimo film
La Storia sempre scritta da violenza rimanda l’ampia gamma tra bene e male

Fury, un'immagine del film
Fury, un'immagine del film
In un giorno del 1945.quando l’esercito tedesco sembra allo sbando e l’intera Germania assegnata dalla follia di Hitler ad una resistenza impossibile,un carro armato con a bordo un drappello di cinque uomini guidato dal sergente Wardaddy (Brad Pitt) ha il compito di far avanzare il fronte bellico. Nel territorio tedesco esistono ancora avamposti dell’esercito germanico piuttosto agguerriti e assettati di violenza verso l’inerme popolazione locale ma il cingolato Sherman ribattezzato Fury,quei soldati nell’abitacolo bastardi,insolenti o innocenti,prestati all’assurdità della guerra devono evitare l’imprevisto che potrebbe ancora determinarsi da ciò che resta delle armate del Führer. La seconda guerra mondiale rimane sotto il profilo narrativo per il cinema un campo di battaglia ideale che proprio per la sua distanza storica sempre più marcata concede al filo morale enorme possibilità di estensioni oltre la codifica dei generi. A differenza di altri film incentrati su guerre e conflitti molto recenti,dove lo stretto confine tra pathos e propaganda può essere equivocato e disarticolato,una vicenda di settant’anni fa lascia al supporto narrativo ampio margine di possibilità,molto più libere per smuovere e centellinare l’eterno duello tra bene e male fotografando nella luce del romanzo il pastello del rosso e nero. L’ambiguità della contesa fa trasparire dalla pelle degli uomini furori e paure,la violenza sotto il fuoco della battaglia nasconde verosimilmente le note del dialogo intraviste per molte venature di grigio. Fury,Il film di David Ayer,possiamo contemplarlo in queste coordinate,purtroppo questa pellicola tra le migliori per quanto riguarda le produzioni belliche da qualche stagione in qua,i cine spettatori italiani non la vedranno mai. Sarebbe dovuta uscire nelle sale in questi giorni con buone chanche di scalata al box office visto il riscontro ottenuto a livello internazionale che la vedono oltre duecento milioni di dollari. A causa del fallimento della società distributrice italiana,Moviemax,saltano tutti i piani di proiezione nei cinema ma se sommiamo a questo il difficile momento che sta vivendo il mercato nazionale ben difficilmente la casa madre di Fury (Sony - Columbia) editerà per il grande schermo un tardivo progetto. In virtù della situazione negativa vogliamo esprimerci sul film perché ne vale veramente la pena,dispiace che il grande schermo perda l’opportunità,tuttavia invitiamo gli amanti del buon cinema a vederlo successivamente anche nelle dimensioni pur ridotte e disagiate dell’home video. David Ayer è uno scrittore regista che cerca nei suoi lavori di scorgere le relazioni di uomini oltre l’appartenenza canonica (Trainig Day),la divisa vestita sia essa di militare (Sabotage) o di poliziotto (End of Watch - Tolleranza Zero). La rappresentazione di Fury va in una direttrice a ulteriore scavo psicologico attraverso l’aggancio con un particolare momento storico. Non a caso il duro sergente Wardaddy Collier dirà in un raro attimo di disillusione come tutte le idee sono pacifiche mentre è la Storia ad essere sempre violenta. Molto belli sono i capitoli della formazione al libro della guerra del giovane dattilografico Norman (Logan Lerman),un non violento per indole che a contatto del superiore e del’equipaggio mostrerà ogni sfaccettatura del ventaglio naturale fino all’ottima sequenza finale della feroce e figurativa battaglia sopra un incrocio di strade. Accurati segnali di costruzione portano nel film un livello interessante di interfaccia,lezione di scrittura su come mettere innanzi all’obiettivo uomini,menti ed eventi che sarebbe stata necessaria anche per America Sniper,aspetto di creatività al contrario assente nel film di Eastwood.
Franco Ferri
2 febbraio 2015