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Educazione siberiana per il cinema italiano
Da Sorrentino,Tornatore e Salvatores è partita la corsa al film internazionale
La nuova moda fa intravedere voglia di cambiare tutto per non cambiare nulla

Il capitolo di Educazione Siberiana che mostra l’apprendimento delle regole da parte dei giovani Koljma e Gagarin è un rito di appartenenza alla comunità senza il quale difficilmente potrebbero sopravvivere nel corso della vita. Gli insegnamenti del nonno Kuzja hanno il valore,non tanto della tradizione di una stirpe ma della conoscenza,perché nell’essere partecipi e affini ad un sistema di codici si delinea il riconoscimento di una via in prospettiva. In modo singolare l’aspetto ci suggerisce dedotta analogia metaforica con l’attuale momento del cinema italiano che vuol trovare strade e nuova vita nei mercati internazionali. L’arte di rifarsi il look sottintende il metabolismo di nuovi principi assolutamente necessari per viaggiare sicuri e ricettivi ad ogni latitudine. Del resto la cinematografia americana,la più globale e senza confini oggi esistente,realizza percentuali da capogiro con i numeri provenienti da ogni angolo del mondo,ma sbaglieremmo se consegnassimo il segreto del suo successo unicamente a fredde strategie di marketing. Esiste nel suo DNA un appropriato e sottile trattamento che osserva l’uomo e il circostante traendone soluzioni espressive di rilievo sensibilmente permeabili e verificabili nel contatto transnazionale. Il principio attivo che smuove energia risulta di pertinenza tipica culturale,non va confuso con un generico appiattimento ma sollecita dibattiti e simposi per identificare le proteine magiche di questo particolare brevetto. Perciò comprendiamo la necessità per il cinema italiano di volere uscire dai confini nazionali,dal momento che la limitante condizione a cui si è auto consegnato da anni sta producendo macerie non soltanto di stima.I film sono praticamente inesportabili,causa storie non comprensibili e traducibili all’estero,sorvoliamo sull’eccesso di dilettantismo,ma è altresì vero che un background sintonizzato con il mondo (registi,scrittori e attori) è praticamente azzerato. Quando la produzione italiana vuol divenire internazionale si veste di location estera con interpreti in lingua inglese e un po’ di cornice. Può bastare per compiere la rivoluzione copernicana ? Prendiamo Educazione Siberiana,il più recente esperimento sul campo.

Giuseppe Tornatore
Giuseppe Tornatore
Il film di Salvatores,visto nello specifico culturale,entra in maniera sommaria nelle situazioni mostrando insufficiente interazione fra personaggi e habitat. Una storia che vuol trarre suggestione dal legame uomo terra non può adagiarsi su scarso senso antropologico. La Russia che si vede bene essere fotografata da distanza culturale,nonostante le apparenze,resta un muro non abbattuto tanto più fastidioso se coperto con folto carico iconografico e decorativo da sfiorare il barocco. Quest’ultimo risulta il solito,lezioso modello scelto da Giuseppe Tornatore (foto a destra) in La Migliore Offerta che enfatizza e incasella alcune soluzioni narrative prese con disinvoltura a prestito. Cataloga un finto stile per forzare e far accettare la credibilità di parti della sceneggiatura assai deboli rendendole involontariamente grottesche. La carrellata prosegue con Venuto al Mondo di Castellitto,melò che narra troppo in superficie il rapporto drammatico fra etnie,per non dimenticare This Must Be the Place. La pellicola di Paolo Sorrentino ambiziosa quanto mai si è rivelata un autentico flop internazionale. L’America e i suoi miti riletti con troppa approssimazione sono il tema centrale che ha pesato di più rivelando indifferenza generale. La voglia di voltare pagina sembra troppo frettolosa in giro,manca ancora quel rigore autorale che attraversa il cuore di una storia ma forse il vestito alla moda serve a non lasciare il re nudo. Si intravede,si sta ripresentando la classica figurazione gattopardesca molto in voga da sempre e ovunque nel paese; Cambiare tutto per non cambiare nulla. Il regno del cinema sa mettere a frutto le regole della finzione,in questo periodo i fari sulla battaglia internazionale potrebbero servire ad hoc per distogliere occhio critico dai problemi della realtà locale,ormai assenti nei film.
Franco Ferri
11 marzo 2013