James Franco in The Disaster Artist
La curiosa esperienza che viene vissuta da Tommy e dall’inatteso amico Greg,non é la tipica accorata avventura sull’impossibilità di essere normali.
The Disaster Artist,apre in maniera figurativa a conoscenze con le quali coloro che abbiano avuto un minimo di contatto ai set cinematografici afferreranno in un baleno familiarità di ambienti,segni,doti e disvalori. Al contrario non risulterà ostico per tutti gli altri,che al pari dei protagonisti potranno cogliere l’intensità di uno dei sogni più abbaglianti e misteriosi del mondo dell’arte,quello riprodotto dai passi del cinema. Il fascino regalato da un film è quello di offrire la combinazione per aprire una porta nascosta nella propria personalità,osmosi con la parte elaborativa quanto infinita della mappa mentale. La via narrata nel film è la follia di una sfida ai limiti,di quelle mai insegnate e auspicate dalle regole non scritte,eppure talmente inebriante,piena di giovane energia da far trascurare il possibilissimo incontro con la sconfitta. Si può avere talento,o forse no,tutto ciò diviene l’argilla pensante articolando una pellicola sulla forza di modellare la visione con le più irrefrenabili,incisive energie che si agitano nel cuore per poi rivelarle in maniera anomala dal grande schermo. Guarda all’ossessivo volere di rappresentarsi nel pianeta più ispido,ostile tra quelli conosciuti evitando le sacralità rituali del mito,garantendo autentica personificazione in una realtà oggettivamente singolare. L’originale concetto assicura interesse fra gli esempi di metacinema più incisivi visti da tempo,consegnando all’osservazione e allo studio tutta una serie di asimmetrie impulsive site nello schermo dal’effetto spiazzante. L’obiettivo al quale mira,
The Disaster Artist,non è l’abilità fluttuante espressa dal teorema del magistrale ma l’imponderabile forma della comunicazione come spontaneo dono dell’inconsapevolezza. Ricorda sotto vari aspetti,
Ed Wood di Tim Burton,anche in quel film emergeva la parafrasi anticonvenzionale sulla creatività tout court,pur accreditando alla storia odierna uno sviluppo di astrazione concentrato maggiormente sul magnetismo ricettivo che dipende soltanto da logiche’imprevedibili. Sono le emozioni che governano la chimica di una storia e la loro costruzione preferisce l’armonia del caos alle formule note. La bellezza e il suo perfetto contrario non affiorano da rigide ricette,bello e brutto assumono un comune per quanto indistinguibile spessore di rilevanza determinato dalle occasioni giocate,dal cinismo irrispettoso della vita,servendo la sincerità colta della miglior cinematografia indipendente. Si narra la storia vera di Tommy Wiseau che ha desiderato come una missione ascetica l’ingresso nel cinema e lo ha fatto dalla porta principale di Hollywood producendo e dirigendo,
The Room. Impiegò un budget di 6 milioni di dollari,il film uscì nel 2003 ingaggiando un feedback di opinioni molto contrastanti ancora oggi discusse. James Franco rivisita il personaggio con immersione rigorosa,ripensando la gestazione di un film quasi fosse un aspetto irrinunciabile dell’esistenza. Un amore dal quale puoi attenderti qualunque tipo di risposta possedendo catarsi profonde e irrazionali ma per il quale è valsa comunque la pena lottare.