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Claudio Bisio e il presidente, roba da fantasy
“Benvenuto Presidente!“ abbraccia il desiderio di antipolitica
Cliché e macchiette non tingono la commedia di satira indignata

Claudio Bisio
Quando emergono zone oscure lasciando intorno la triste foto di un profondo disagio sociale,nei paesi evoluti scattano come anticorpi propositivi le idee della cultura,la creatività dell’arte che pur non avendo il potere della politica sanno sostituirsi ad essa costituendo base ideale e di opinione per il progresso. Il cinema nella storia recente,e non,può considerarsi mezzo di assoluta garanzia. Se vogliamo restringerlo al cerchio della commedia o incentrarlo sull’importanza del saper ridere,è quasi superfluo ricordare le stagioni di cambiamento in cui il cinema interpretava e forse regolamentava il percorso dell’Italia. Maggiore era la tensione fra uomini e società più la commedia all’italiana scriveva pagine significative. Oggi l’Italia appare povera non solo in senso economico ma anche per la presenza di un’idea di cinematografia senza più capacità di lettura critica della contemporaneità,lontana da un’indipendenza sferzante nella quale si possa riflettere la coscienza civile di una crisi. Benvenuto Presidente ! può essere visto sotto il particolare cono di luce che scorge la politica e i suoi manovratori a protagonisti di commedia. Questa,confermando la tesi,non implica sentimento liberatorio,spontanea intelligente riflessione ma effetto leggero fine a se stesso. La storia dell’uomo comune che viene sostituito nella persona o associato ad altra identità celebre non è nuova. Nello specifico chiamarsi Garibaldi e divenire il Presidente della Repubblica mescola la genesi del paese,rievocandola e proiettandola nel clima odierno torbido e corrotto. Il nuovo Giuseppe,semplice pescatore piemontese,prende l’alta carica dell’unità non è politico di professione e si vede,la sua verve di uomo della strada sarà in contrapposizione con gli scandali e le trame del malaffare.

Bisio fa il guitto come può trascinando mosse da clown che scombinano (non sconvolgono) il palazzo tirando sberleffi come pure lusinghe alla segretaria del protocollo (Kasia Smutniak),improbabile mix di rigore e...Janis Joplin ! Strizza l’occhio senza nasconderlo al Robin Williams di un tempo,preferendogli la maschera oleografica piuttosto che l’estro corrosivo tipico del comico statunitense. Il film in perfetto orario e sincronia con le sirene dell’antipolitica si aggrappa al dorso di un marketing ruffiano. Lo spettatore attento non si lascerà sfuggire il disegno di un furbo istant-movie,una bomba di presunta satira che però non esploderà mai. La plausibilità dello sfondo avrebbe un senso se le descrizioni non fossero avvolte da forti accenti caricaturali e da cliché che mettono in disparte le radici del reale. La credibilità delle situazioni viene distolta da eccesiva sommarietà e uso della macchietta,invertendo la rotta di una buona commedia che al contrario trova sincronia e toni dentro il tessuto della narrazione. Il panorama d’Italia è una scatola bidimensionale molto vicina al gusto di un videogame che mette insieme,palazzo,figli dei fiori,Che Guevara,partitocrazia e malaffare con somiglianza attigua al fantasy. Il collateral più vicino ci consegna perciò un’involontaria quanto paradossale mitizzazione dei personaggi negativi a scapito del grottesco. I responsabili della partitocrazia,che nelle intenzioni dovevano essere bersaglio di denuncia finiscono per sembrare simpaticoni. Eppure il film di Riccardo Milani non tralascia evidenti paginette infarcite di spot moraleggiante senza dubbio inappropriate,fuori posto nel contesto leggero e convenzionale. La risata dovrebbe rimanere un’arma devastatrice se usata con spirito rivoluzionario,Molière lo pensava in tempi lontani ma vicini per analogia conservatrice.
Franco Ferri
24 marzo 2013