Alice Rohrwacher
Il Gran Premio della Giuria attribuito a
Le Meraviglie è stato sotto tanti aspetti un riconoscimento non facilmente pronosticabile alla vigilia. Alla resa dei conti ha colpito la sincera semplicità di una storia che racconta un microcosmo riconducibile a quel senso profondo di fiction cinematografica antesignana di verità. Il film di Alice Rohrwacher nasce da radici che la regista conosce bene,queste hanno garantito un percorso antropologico di sicura efficacia nel momento in cui la vicenda estrapola la difficoltà umana di fronte a scenari illusori. I protagonisti non riusciranno a sconfiggere schemi secolarizzati e il tentativo di romperli con la fantasia si dimostrerà purtroppo velleitario. Questo rigore di impronta realista elaborato con sensibilità a tratti poetica,specialmente nel ritratto dei bambini,ha colpito Jane Campion presidente della giuria di Cannes 2014 permettendo al film di arrivare ad un traguardo assai rilevante. Il Gran Premio del festival mette in luce internazionale una pellicola che sa parlare direttamente con codici universali,aspetto raramente riscontrabile nel panorama del cinema italiano. Abbiamo incontrato Alice Rohrwacher dopo la frenesia del festival e ci racconta la genesi,lo sviluppo de
Le Meraviglie,creato sotto l’auspicio di lavoro personale nel sottile rapporto critico costruttivo con l’Umbria,la regione che dà l’imprinting al film.
Quando hai capito durante il concorso a Cannes che stava per arrivare il premio ?
Mai. Fino all’ultimo non c’era nessun indizio anzi ero già rientrata a casa, ma all’improvviso dal Festival mi hanno comunicato di tornare in Francia per la serata finale. Il cortese invito é stato breve, coperto da molta riservatezza e senza precisazioni sull’eventuale palmares.
Le Meraviglie è un film che nel contrasto fornito dall’illusione fantastica fa emergere le incoerenze di un contesto dentro la tradizione. Bambini e adulti, pur esprimendo legittime diversità appaiono chiusi in loro stessi, senza tutela, sembrano le consuete vittime designate di un mondo che non vuole accettare veri cambiamenti ?
Era fondamentale mettere tutto in correlazione con l’habitat, volevo raccontare dei personaggi complessi senza l’ausilio dell’analisi psicologica facendo intendere che mentre loro passano il mondo circostante resta, lasciando dentro la narrazione il fascino di qualcosa di bello ma nello stesso tempo doloroso.
Le location, l’apicoltura,gli animali, l’immagine bucolica corrispondono all’identikit di una regione che conosci bene. In qualche maniera è la cultura dell’Umbria Verde ad essere analizzata ?
Abbiamo girato il film nelle località di alcune regioni ma la sostanza rappresenta l’ambiente dove abito. Vivendo in quella regione c’era consapevolezza di reagire a talune cartoline da vita medievale che l’Umbria susciterebbe nel visitatore. Ho cominciato a guardarmi intorno, però vedevo che tutte le energie amministrative locali puntavano solo alla salvaguardia del come eravamo e alla proliferazione delle sagre, ma la bellezza è sempre in divenire non si congela in una determinata epoca. Desideravo far comprendere come aspetti negativi e positivi sono miscelati insieme e sono connaturati eventualmente a tutto il dna italiano. Questa è stata la scintilla che fa nascere Le Meraviglie cercando una via di mezzo senza giudicare fino in fondo le contraddizioni del paesaggio. Volevo raccontare la complessità vista dall’angolo di una famiglia ibrida con una precisa verità al di fuori di presunti quadri regionali cristallizzati nel tempo.
Nel calare gli interpreti in questo particolare clima del film a metà tra realtà e fiaba sono state fatte scelte specifiche ?
Per formare e realizzare la comunicazione dei personaggi è stata impostata una ricerca nella quale il cast doveva incarnare atteggiamenti senza avere una grande consapevolezza, questo solitamente è un bel problema con gli attori spesso troppo consapevoli di quello che stanno facendo. Non a caso Wolfgang (Sam Louwyck) è un ballerino che conosce il suo corpo e i movimenti ma non analizza le situazioni con categorie definite finendo così per far emergere la sintesi voluta.
Eppure la presenza di un forte simbolo fashion, Monica Bellucci, poteva condizionare in qualche maniera lo stretto equilibrio dell’opzione ?
La bellezza di Monica, un’altra umbra, é determinante nel personaggio di Milly Catena,la fata della tv, in più lei possiede tanta ironia, la sua personalità ha permesso di interpretare il ruolo senza bisogno di giudicarlo, riesce a portare in quel personaggio una considerevole dose di purezza.
Reale e fantastico si fondono nel carattere dei bambini esprimendo un livello di percettività oltre i confini del racconto. C’è una sequenza in qualche modo simbolica di questo status ?
Vorrei ricordare quella dove avvicinano il cammello nel casolare. I bambini provano un confronto tra il mondo reale delle api e quello del mondo immaginario a cui aspirano, perché loro vengono dall’utopia e il cammello nel film sottolinea tale figurazione.
Quale giudizio dai al mezzo televisivo ?
Il meccanismo dello show è crudelissimo perché segue ritmi e tempi non corrispondenti alle complessità ma esalta solo uno strato che può risultare decisivo per massacrarti. Non sono cattive tanto le persone che escono dal video, semmai assume significato negativo il contenitore, la scatola nel più ampio senso etimologico.
Nel cinema sei entrata come montatore. Com’è stato importante il lessico del montaggio nel successivo lavoro da film-maker ?
Alla stessa stregua di chi vuol diventare pilota dopo aver lavorato nella fabbrica di automobili. Metti insieme tutti i pezzi riuscendo a capire dove sono affidabili o dove non lo sono perché davanti a te c’é la macchina smontata. Credo che comprendere e metabolizzare l’assemblaggio di un film in ogni dettaglio e capitolo della storia sia stato un fattore di conoscenza unico, una grande scuola.
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