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Il club della sopravvivenza rompe lo schermo
Dallas Buyers Club storia non convenzionale contro il sopruso dei farmaci
Un grande film indipendente ma l’ombra di Hollywood scatena pregiudizi

A cura di FRANCO FERRI

Jared Leto e Matthew McConaughey
Jared Leto e Matthew McConaughey
A volte si compie il miracolo della comunicazione,l’espressivo emergere di tutti i frangenti di un film che coinvolge l’emotività dello spettatore. Dallas Buyers Club è in questo una storia davvero speciale perché sa scorgere la rabbia e la dignità del protagonista nel confine stretto che lo separa dall’abisso. Una prova contro se stessi e il contesto,dai connotati senza appello,che invece offre la via per riabilitare e rinnovare la propria essenza personale. Nel medesimo tempo ha una valenza da apologo che richiama e sferza senza sottrarsi l’obbligo morale di denunciare il sistema delle cure ospedaliere sovralimentato dal diritto prioritario di guadagno imposto dalle multinazionali farmaceutiche. E’ una storia vera di trent’anni fa,mai come adesso attuale e purtroppo senza risposte riformiste. Ron (Mattew McConaughey) è un duro texano,l’AIDS per lui che appartiene alla razza eletta dei cowboy sembra uno scherzo di cattivo gusto. Eppure s’insinua drammaticamente nella sua vita quotidiana,nella sua anima come un precipizio e non c’è sentenza peggiore. Il film lavora sul carattere dell’uomo incalzandolo,denudandolo,lasciandolo solo ma gli lancia un’ancora per aggrapparsi e forse cambiare. Simbolicamente vicino al grande,gelido panorama politico culturale che attanaglia il mondo da anni,ne coglie la possibile trasformazione,la volontà di gettare le armi della brutalità per conoscere e cogliere l’inebriante goccia di fratellanza universale. Il cacciatore si trasforma in preda vivendo da vicino la paura e il dolore della vittima. L’arrivo in Italia del film ha trovato opinionisti generalmente favorevoli non solo cinematografici,però osserviamo tendenza a non approfondire i temi portanti in questione. Rivelano un certo,omogeneo percorso politicamente corretto molto propenso a non addentrarsi nelle specificità,in tipico stile mediatico contemporaneo. Magari se fosse stata una produzione italiana titoli e urla da stadio li avremmo uditi per mesi. Fabio Ferzetti su Il Messaggero riassume il condensato dell’aria che tira. “ L'insieme,con tutto il rispetto per i personaggi,sa di grande professionismo più che di vera creazione. Un antieroe così speciale avrebbe meritato un pizzico di audacia in più. Ma è il modello che impera oggi a Hollywood :”

Fabio Ferzetti
Fabio Ferzetti
Il commentatore romano però dimentica che il film è acre senza ipocrisie,non indulge in sentimentalismi,le sue immagini scuotono la storia a ritmo di rock nelle vene.Indubbiamente ha una genesi e realizzazione da tipico lavoro indipendente. Non sarà mica che nella mappa di Hollywood trovino residenza anche gli alternative indie ? Di parere più ampio è Giorgio Carbone su Libero.“Storia molto americana di coraggio,di sfida contro il sistema,di vittoria anche nella sconfitta “.Semmai il critico manca di adeguati chiarimenti e specificità sulle basi delle sue affermazioni. Maurizio Porro dal Corriere della Sera non è convinto di un aspetto.Il dramma spiega,senza addentrarsi,i retroscena del business multinazionale delle case farmaceutiche ”,al centro della polemica è vista una terapia inefficace,palliativa,piena di effetti collaterali ma il critico dice con grave inesattezza che, Il farmaco AZT,letale è in certi dosaggi ma risolutivo in altri ” (! ?). Se Porro avesse seguito meglio lo svolgimento si sarebbe addentrato in un capitolo che spiega con efficacia certosina la totale inadeguatezza del prodotto chimico,perché distrugge tutte le cellule dell’organismo,scardina il sistema immunitario,provoca un’infinità di effetti collaterali riconosciuti dalla stessa casa farmaceutica. Ora torniamo alla pura critica cinematografica,non quella alimentata da chimica di sintesi ma quella proveniente dalla naturale,insita fonte originaria dentro tutti noi.

Mariarosa Mancuso
Mariarosa Mancuso
Per esempio questa parte a Mariarosa Mancuso non è piaciuta ma l’espone in termini di cine linguaggio,” Risulta un po'pesante e sbilanciata,nell'equilibrio drammatico,la parte sulla guerra contro le multinazionali,come se il regista non sapesse decidersi tra fiction e documentario,” scriveva sul magazine Sette del Corriere della Sera. Sempre su questo capitolo riflette Valerio Caprara de Il Mattino.” La vividezza dell'ambientazione contribuisce ad allontanare l'ombra del banale documentarismo. Chiacchiere e contraddizioni sovente alimentano la verità che in effetti è composita quanto armonica.In questo caso le due anime del film (dramma personale e sociale) si amalgamano,non contrastano e rincorrono una densità stilistica davvero autoriale mai retorica.Indubbiamente sta nelle corde di giuste dinamiche che non debordano ma coordinano la riuscita. Un personaggio chiave che snoda il centro e le tappe del percorso di Ron è Rayon (Jared Leto),già nel significato del nome rivela il principio della trasformazione. Il trans occupa l’opinione di Anna Maria Pasetti sul Fatto Quotidiano,“ Creatura reietta da chiunque,apice della discriminazione sociale personaggio tragico di rara purezza,tenendo lontani i pregiudizi rende il film vibrante e vitale.” Si sofferma su Rayon anche Paolo D’Agostini (La Repubblica),” La cosa migliore del film è lo sviluppo, il percorso, la trasformazione del personaggio che nasce sulla base di un modello reale “ e prosegue,” Da manuale,nella sua intramontabile ovvietà hollywoodiana,la scena in cui impone all'ex compagno di bevute e di esibizioni maschiliste (Ron)che come tutti gli altri lo ha ghettizzato,una prova di rispetto verso il nuovo amico.” Versatilità e ovvietà non sono sinonimi e consequenziali ma quando si tratta di trovare lo spillo nel pagliaio,in questo caso di Hollywood, esiste sempre una zona grigia,forse ideologica,che rimane pietrificata nella mente di alcuni opinionisti. La merce o l’oreficeria fatta nei laboratori di quell’ex antica foresta californiana di agrifogli ci ha aiutati a farci comprendere,a mettere il pensiero in avanti,ad essere più liberi, In molrti ipocritamente lo dimenticano....