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Il Meglio e il Peggio del mese
PARTHENOPE di Paolo Sorrentino
Sceneggiatura di Paolo Sorrentino

Con Celeste Dalla Porta,Silvio Orlando,Gary Oldman,Stefania Sandrelli

Partiamo da una certezza che storia dopo storia diviene sempre più convinta  Sorrentino regista o autore che dir si voglia sa usare la mano ma non è quella della divinità calcistica a lui cara. Perché dalla scrittura al set l’attitudine giocoliera pare resti fondamentale nel tentare di rendere ipnotico un film,quantomeno venderlo in fiducia. Il riferimento non è di sicuro per i ripetuti omaggi al celebre numero 10,il grande esegeta e profeta della sua terra,ma va su qualcosa che gli appartiene direttamente. L’abilità nel gioco delle tre carte sembra aver assunto nel tempo un connotato ricorrente,ingigantito,con cui esibisce,cela e fa riapparire i suoi jolly sperando che nessuno scopra il filo del trucco e riesca a scovare in quali posizioni si trovino veramente. E’ la tecnica del prestigiatore sospeso tra il balletto di movimenti amanuensi,in attesa dell’agognato prodigio,per compiere il miracolo di una storia,per trovare chissà la strada dorata che vorrebbe. Confondere gli occhi sembrerebbe essenziale e decisivo per brindare al prestigio in questo gioco,eppure il gioco di prestigio a volte fa trapelare ingenuo il come della magia smascherandola quale arte oltre i confini del dubbio. Parthenope conferma una linea di fondo che ancora si districa,in quanto assunzione obbligata di forma in eccesso da dosaggio. A Sorrentino non resta che essere un forzato della bellezza ad ogni costo e ciò rende vulnerabile il suo disegno rimasto con frecce spuntate verso i concetti sostanziali,ormai le risultanze si concentrano sugli obiettivi più esteriori del campo estetico;l’immagine fashion. Al film manca un centro di gravità che trasformi la promessa di materia complessa in viva comunicazione intellettiva ma questo non accade per assenza di un filologico punto di vista. E’ fondamentale averlo nel rappresentare appieno un universo multiforme che,esalti,deprima,le vite e gli ambienti,liberando quei picchi di valori o disvalori primari e impressionisti nel cuore di un affresco. Invece Parthenope vaga in disquisizioni vacue,approssimazioni prolisse e vira in sintesi di intenzioni poco elaborate. L’ossessione di inzeppare tutto e di più,di spostare principalmente la focale sugli effetti,non sono affatto introduttivi alla grande ispirazione,al contrario verificano espedienti da illusionisti per nascondere difficoltà e incertezze. Una messa in scena che ha la presunzione di elevarsi ad opera omnia della Napoli durante tre quarti di secolo,non avendo quel piccolo grado di umiltà utilissimo per descriverla sul serio lascia spazio a profusione di velleitarismo. Le declinazioni varie della protagonista (Celeste Dalla Porta) hanno il fiato corto e indifferenziato,non interagiscono efficacemente con mito,mistero,tempo e antropologia,che il fine di sceneggiatura avrebbe voluto nodali. Tuttavia avvertiremo pressante come arbitrarie incongruenze,contraddizioni disciplinari,metafore grossolane,vengano assemblate nel nome di una prosopopea personalista che non restituisce liricità,né l’osservazione umanocentrica su Parthenope e Napoli. Nell’alto grado di fiction (finto?) non poteva mancare la ciliegina del finale che Parthenope ci ha voluto regalare. In questa sequenza vediamo l’anziana protagonista (Stefania Sandrelli) nel lato di una location notturna mentre da lontano sta giungendo un bus con tanti giovani che cantano festeggiando. Ricalca in maniera adagiata e supina un'altra conclusione già vista sullo schermo,non soltanto nella prospettiva e nella dinamica ma pure nel senso che vorrebbe comunicare. Questa appartiene ad un celeberrimo film epico entrato nella storia del cinema ma che per pudore preferiamo non citare. Chi vede bene non farà fatica a menzionare titolo e autore. In un paese stravolto da un veloce e pauroso abbassamento culturale anche quest’ultimo aspetto può essere preso acriticamente per alterarsi in novità,poesia,invenzione,folgorazione. L’importante è avere anticorpi.