Sergio Mattarella meriterebbe un David
Ogni qual volta il rito di una grande manifestazione entra in contatto con il carattere meccanicistico delle istituzioni rischia di mutuare nei cittadini l’inestinguibile torpore dell’ufficialità. Magari non sarà sempre così,perlomeno quando è la potenza del contatto umano a far prevalere il primato della personalità sugli steccati del convenzionale. In tal maniera si delinea un rapporto riformista e di apertura che ha contraddistinto il Presidente Sergio Mattarella nel suo annuale incontro con il mondo del cinema. Ai margini dei David di Donatello la Presidenza della Repubblica usa di solito far gli auguri alla premiazione che seguirà,ma Mattarella in questa anteprima ha donato tono influente e sottile molto al di là di un qualunque appuntamento celebrativo. Dietro il rigore del protocollo si ravvisava un’istantanea passione e conoscenza del cinema da rendere le parole scritte,pronunciate,veicoli di autentico verbo super partes. Senza ricorso alla retorica o all’oratoria di fredda esposizione ha trattato la materia come un vero esperto,ma accumunando al momento drammatico dell’emergenza ha individuato nel dovere artistico la missione creativa di aiuto al paese. Con avveduto acume ammetterà che,
“ Il compito precipuo dell’arte,della creatività e degli artisti è tornare a sognare e a far sognare “. Riflettendo sul particolare periodo che attraversiamo afferma con convinzione,
“ Per ricostruire il nostro Paese dopo la drammatica epidemia sarà necessario recuperare ispirazioni,ne avvertiamo il bisogno“.Sono esternazioni che reggono nella prospettiva supportate da forza idealista. Nondimeno a una prova più attentamente analizzata fanno emergere la garbata,velata critica all’intero movimento del cinema italiano. Si avverte implicitamente un richiamo a principi fondamentali della cinematografia con la puntualità e l’osservazione che dovrebbero essere tipiche dei critici,mettendo in risalto il deficitario cronico di settori produttivi ben lontani dal presentare opere innovative,quanto mai film di grande spessore internazionale. Sempre pronti a batter cassa si accontentano di pellicole modeste specchio spietato dell’orticello culturale al quale in troppi sono stati assuefatti da una spinta mediatica livellante e conservatrice. Oggi stampa,radio,tv sono espressione quasi totale di un’egemonia di destra che lancia propaganda e di riflesso il cinema trasversalmente riecheggia influenze non mostrando alcun sintomo d’indipendenza. L’infinità di commedie che hanno saturato gli schermi (prima del Covid) rappresentano l’inno alla mediocrità ma non sono errore di percorso perché la proliferazione nasconde progetti di controllo molto radicati. Il banale semplifica l’idea della complessità ma al tempo stesso l’intrattenimento con astuzia distilla incentivando nella società input e valori al pari di un telegiornale. Sembra che la storia ami le repliche oscure,del resto precetti analoghi furono testati in passato con fervore scientifico da un certo Goebbels durante tempi sottratti al vaglio delle coscienze. Mattarella ha capito la grave situazione che si sovrappone per drammaticità a quella generata dal virus e con perentorietà dichiara
,” Come accadde dopo la guerra,con i capolavori del neorealismo,il cinema sia accompagnato da una nuova esplosione di creatività,di cultura,di arte e di bellezza”. Per spirito profetico il Coronavirus dovrebbe contestualizzare un epilogo alla stregua della Seconda Guerra Mondiale che rese possibile l’opportuna ruspa per spazzare via la mediocre cinematografia emblema del fascismo. Seppur al momento non riusciamo a ipotizzare chi potrebbero divenire i nuovi Zavattini,Suso Cecchi D’Amico,Rossellini,De Sica,Visconti,prendiamo atto dell’opinione del Presidente che ha riempito un vuoto intellettuale mostrando impavida vitalità. Anche l’anno scorso alla presentazione del David,dissertava di cinema esaminando le ragioni del cambiamento con necessità e ottica specifica,
“ I linguaggi si modificano con rapidità. Nel cinema linguaggio non è solo uno strumento,è parte del contenuto artistico espressivo degli autori riuscendo a innovare“. Restando nella stridente realtà a vincere i David di Donatello 2020 sarà ancora il vecchio cinema incarnato da Bellocchio,Favino e la loro lezione di storia sulla mafia (
Il Traditore), per il vero un po’ troppo annacquata,meritando comunque i verdetti in una competizione dove gli altri concorrenti non avevano alcun peso da contrastargli. Nell’edizione di questo particolare anno si erge con vibrante passione la figura del Presidente Mattarella che sovrasta per senso di visione e puntuali angoli di osservazione tutti gli altri protagonisti del cinema odierno. Nessuno si meriterebbe più di lui un David ed è per questo che vogliamo conferirglielo idealmente per la prova più performante,appropriata e cristallina della stagione.