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Tarantino: Soffia la polemica sul finale del suo film
C’era una volta a Hollywood è un fiume in piena dove i critici sono spiazzati
Le opinioni s’incendiano per la nuova versione del massacro di Bel Air nel ‘69

A cura di Franco Ferri

Leonardo DiCaprio e Brad Pitt nel film di Tarantino
Leonardo DiCaprio e Brad Pitt nel film di Tarantino

La garanzia del nome contribuisce a lanciare anche in Italia la popolarità di C’era una volta a…Hollywood,ma Quentin Tarantino ancor di più rappresenta un marchio autorale che raccoglie lodi e intavola dibattito fin dal tempo di Pulp Fiction,mantenendo longeva la tradizione prestigiosa dei registi capaci di esprimere la grandezza del cinema. Sotto molti aspetti è colui che attraverso i film genera una specie di riscrittura delle pagine note di cinematografia evitando la calligrafica del citazionista per assumere sottilmente l’ambiziosa e riuscita metanarrazione dalla personalissima aderenza. Nel proprio Dna possiede la caratura del critico che rilegge,medita e plasma film rimasti impressi cercando in essi una via dall’ampiezza evolutiva. Intravede costantemente un ideale ponte dall’originale architettura dove spingere importanti filigrane nel presente creando una nuova forza motrice che modelli pellicole dettate sul principio inderogabile della visionarietà come primario linguaggio. C’era una volta a…Hollywood,è una produzione importante,stabilisce un contatto diverso nell’approccio di stile e sui punti di vista. Nel film avremo alcuni tratti dei segni inconfondibili che hanno reso celebre Quentin Tarantino divenendo complementi oggetti di una vicenda intorno al mondo di Hollywood,dove i generi (western,action movie,tv series) s’incontrano e proiettano le loro identità riflessive sul quotidiano di chi vive l’ambiente del cinema influenzandone vite e rigenerando capitoli di storia. Per alcuni critici questa virata risulta spiazzante quasi fosse un calcio di rigore tirato in una traiettoria mai usata che l’imbarazza,magari li disturba.  Alessandra Levantesi (La Stampa) tende a mantenere un protocollo da professoressa didascalica.” Il nostalgico affresco di una Hollywood che sta per cambiare sotto le bordate della controcultura dei fiori e dei produttori indipendenti ”. Per quel trend dallo spartito e arrangiamento non conforme c’è chi perde l’orientamento auspicando vendetta sul fantasioso Quentin, Maurizio Cabona (Il Messaggero) afferma,” Sceneggiatura dispersiva,troppi personaggi,mille allusioni,il solito bagno di sangue anche di benzina. Tarantino dovrebbe incontrare un produttore che gli faccia fare molti tagli .” C’è chi parla addirittura un’altra lingua come Emiliano Morreale su La Repubblica dicendo “Molti momenti funzionano meno del solito,la storia per lui sembra essere un’appendice della cultura pop” ,e c’è chi non ha sopportato affatto il film, “Il più brutto film di Tarantino con un finale ridicolo” ,sentenzia Tiziana Della Rocca sul Corriere del Sud. Proprio quell’ultima parte di film diverrà al contrario una ragione di dibattito infuocato per i critici definendo praticamente il fulcro e la scintilla dell’intera pellicola. Stiamo puntando su quella versione controcorrente,differente dalla realtà storica,che farà esplodere parole e opinioni ovvero il terribile capitolo del massacro di Bel Air (Los Angeles) quando nell’agosto 1969 ci furono le uccisioni di Sharon Tate e altri attori volute da Charlie Manson e dai suoi adepti. Per entrare nello spirito giusto di questo sorprendente riadattamento cinematografico svolto in costruzione alternativa crediamo sia opportuno rimarcare l’ideale di pensiero comune in Tarantino. “Il cinema non ha il potere di cambiare la storia ma certamente può influenzarla”. Per motivi comprensibili,anti spoiler,non entreremo mai nello specifico su quanto raccontano quelle sequenze di C’era una volta a…Hollywood,ma è certo che qui si concentra tutto il significato dei personaggi e dell’intero senso traslato dell’opera. Raffaele Meale (Quinlan) intuisce d’istinto che lì vanno ad incontrarsi, Diverse coniugazioni della Storia, e del Mito” e Mariarosa Mancuso (Il Foglio) con categorica immediatezza esprime, Un film non è la vita spiattellata sullo schermo,un regista e uno scrittore hanno diritto a tutte le libertà che vogliono prendersi ”. Federico Pontiggia (Il Fatto Quotidiano) la pensa in un certo modo sull’essenza del capitolo in causa che vedrà protagonisti i personaggi interpretati da Brad Pitt e Leo DICaprio,”Il cinema può ancora cambiare la storia e può sempre salvare il mondo,a partire da quello declinato nel cinema ”. Al proposito non se la sente di concedere nulla;Paolo Mereghetti (Corriere della Sera) che spara sul regista,” Finisce per trasformare ogni cosa in gioco perché cancellando il tragico che la storia si porta dietro,Tarantino non sa uscire da una visione fanciullesca del mondo dove il dramma si risolve con una battuta ”. Non è un solo un assioma serioso e totalmente moralizzante,la discussione del Mereghetti s’indirizza su questo percorso perché egli resta condizionato da una spessa radice realista che non è riuscita finora ad implementare altre forme di reale al di fuori di dettami culturali dall’acume pietrificato. Attualmente,e non è più novità scientifica,si accetta nel contesto definito reale un bagaglio plurale di esperienze che contempla nel vocabolario vitale anche l’immaginazione fantastica,ogni derivazione fa parte di un mondo vero e interattivo. Del resto il cinema si nutre di ciò,insegna e aiuta a modificare le stesse persone al pari dei fatti,ribaltando assetti nelle dinamiche della vita come del resto avviene nel film. Chi ricorda il finale travolgente,iconoclasta di Bastardi senza Gloria (2009) capisce al volo i ricongiungimenti di stile,le parabole simboliche e le preferenze idealiste di Quentin. L’incendio e il massacro al cinema Le Gamaar dove tutto lo stato maggiore del Terzo Reich,Hitler compreso,venivano giustiziati rappresentano l’invenzione più prolifica che il cinema da anni abbia impresso. La natura del cinema esplode un' incontenibile identità che si leva dall’immaginario,assumendo forme di disegno perfezionista,fondendosi quale strutturante supporto per ogni libera coscienza ma tanti critici preferiscono dimenticare. Anche C’era una volta a Hollywood,possiede questa natura multiforme,avvolgente,grigia e colorate forse salvifica,dominata da un realismo dalle tinte fantasiose che aspira all’astrazione narrativa,spiccando in questo contesto magmatico coordinate prossime all’arte del cinema. Sullo stesso binario di quanto sosteniamo si porrà a epigrafe del nostro match dedicato a Quentin Tarantino. Piertro Masciullo (Sentieri Selvaggi) dal finale polemico estrarrà una sintesi valida per l’intera pellicola,“ Un universo alternativo dove cambiare i destini,le storie e la Storia solo per fondare nel west dell’immaginario popolare,schiudendo il cancello dei nostri sogni ”.

le parabole simboliche e le preferenze idealiste di Quentin. L’incendio e il massacro al cinema Le Gamaar dove tutto lo stato maggiore del Terzo Reich,Hitler compreso,venivano giustiziati rappresentano l’invenzione più prolifica che il cinema da anni abbia impresso. La natura del cinema esplode un’incontenibile identità che si leva dall’immaginario,fondendosi quale strutturante supporto per ogni libera coscienza,assumendo forme di una geometria perfezionista ma tanti critici preferiscono dimenticare. Anche C’era una volta a Hollywood,possiede questa natura multiforme,avvolgente,grigia e colorate forse salvifica,dominata da un realismo dalle tinte fantasiose che aspira all’astrazione narrativa,spiccando in questo contesto magmatico coordinate prossime all’arte del cinema. Sullo stesso binario di quanto sosteniamo si porrà a epigrafe del nostro match dedicato a Quentin Tarantino. Piertro Masciullo (Sentieri Selvaggi) dal finale polemico estrarrà una sintesi valida per l’intera pellicola,“ Un universo alternativo dove cambiare i destini,le storie e la Storia solo per fondare nel west dell’immaginario popolare,schiudendo il cancello dei nostri sogni ”.
5 ottobre 2019