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Sacro Gra, l’orgoglio e i fantasmi del passato
Il Leone d’Oro scatena tripudio da stadio e inguaribile voglia di retorica
Intanto spunta il dissenso ma con la paura di passare per anti-italiani

A cura di FRANCO FERRI

“ Finalmente !”
così apriva su La Repubblica Maria Pia Fusco il pezzo da Venezia,celebrativo della presa del Leone d’Oro da parte di Sacro GRA. Sapevamo che non era un’impressione ma da quando il cinema ha assunto importanza mediatica pari al calcio assistiamo spesso all’urlo nazionalista del critico o giornalista che abbandona l’aplomb (ma forse non c’è mai stato) per mutarsi nel ruolo congeniale di tifoso da curva. Nel clima da stadio,prosegue la cronaca Maria Pia Fusco,” Qualche buu c'è stato all'annuncio del Leone d'oro tra la stampa internazionale”. Quando tutti davano per scontata la vittoria finale dell’inglese Philomena,autentico dominatore della kermesse sembrerebbe che il rigore all’ultimo minuto,visto solo dall’arbitro Bertolucci,abbia rivoltato un destino già scritto. Plaude al giudice supremo per la scelta casalinga Alessandra De Luca su Avvenire scrivendo.“ Bertolucci sembra dunque aver riparato ai torti dello scorso anno,quando molti lamentarono una scarsa attenzione per il nostro cinema “. Prende seriamente la questione dandogli tono austero su La Gazzetta del Mezzogiorno,Oscar Iarussi.” Gioire per una vittoria in casa per certi versi è uno di quei segnali di riscatto nazionale come le affermazioni sportive.”  Nel binomio cinema,sport continuiamo a sorridere bagnati dagli spruzzi di grottesco che il match del momento elargisce a più non posso,ma non riusciamo ad intravedere quel senso di riscatto collettivo che sarebbe insito nel documentario di Gianfranco Rosi. In ragione di un effetto vincente anche la causa culturale alla base del suo successo deve pur contenere qualcosa di progressivo,originale,dinamico,un esempio da emulare e diffondere ad uso di tutti.Fulvia Caprara è convinta su La Stampa di vedere una grande novità ovvero,” La realtà vince sulla finzione “,Fabio Ferzetti con lo stesso refrain scrive dal Messaggero,“ È molto più di un semplice documentario perché inaugura un modo del tutto nuovo di fare cinema “. Per Pedro Armocida del Giornale si tratterebbe addirittura di un evento rivoluzionario,rompendo “ Uno dei tabù del cinema con la divisione tra filrn di finzione e di documentario”.

 

Oscar Iarussi
Oscar Iarussi
Nel cinema moderno non esiste più questa distinzione manichea che segnava un confine spezzando in due il territorio e il pensiero cinematografico di visioni contrapposte da linguaggi conflittuali,appunto il realismo di derivazione francese poi giunto in Italia come neorealismo e la fiction,tipica forma narrativa di presunta immaginazione. La guerra fredda dei generi è un dibattito del passato,rivisto e riformato già dalla Nouvelle Vague,oggi appare largamente superato e involutivo perché non si parla più di realtà univoca ma delle realtà. Una concezione multipla che ingloba oltre l’habitat oggettivo,documento materiale e quotidiano della dimensione umana,anche l’espressività soggettiva quanto immaginifica della sfera psicologica.
Così lo stile della fiction ritrova grande importanza nell’affresco di un racconto,dimenticandoci per un attimo l’estensione debordante di significato televisivo che ha avuto in Italia. I grandi narratori sanno mescolare e trovare l’alchimia fluida di un format servendosi del reale insieme alla fiction (realtà creativa) al fine di modulare varie tonalità ma innanzitutto per rappresentare meglio lo scopo finale,ciò che è vero. Lo sfoggio di arte retorica mostrato con disinvoltura per l’occasione dalla stampa mette in evidenza come non ci sia voglia e coraggio di cambiare,guardare con maggiore attenzione ai percorsi innovativi del cinema che fotografano uomo e società.Del resto la cine informazione ha riguardo per l’orto casalingo mentre la provenienza internazionale è spesso analizzata con sufficienza se non sospetto.

 

Fulvia Caprara
Fulvia Caprara
Eppure l’ambiente maggioritario di Venezia ha trovato timidi dissenzienti,Federico Pontiggia de Il Fatto Quotidiano oltre che non essersi appassionato per i valori del neo Leone d’Oro commenta,“ Dal tripudio italiota della Sala Grande di Venezia 70,filtra la notiziona: un documentario vince per la prima volta alla Mostra ”. Paolo Mereghetti dalle pagine del Corriere della Sera si lancia con timore,” Non vorrei passare per un anti-italiano ma
continuo a pensare che l'insieme dei premi attribuiti ieri sera invii un segnale di chiusura e non di apertura,se il cinema vuole continuare a vivere,non deve cercare le strade dei musei ma quelle delle sale ”. Dall’estero non sono rimasti contenti di Venezia 70,non tanto per il verdetto finale,lo ricorda Luca Vinci di Libero. Per essere uno dei due festival più importanti d'Europa,ci vuole di più,Il ranking è a rischio,come nelle coppe europee.”  Nel paragone più calcistico la realtà dei Festival è l’unica che tende a vincere ed in questo il Toronto International Film Festival ha sopravanzato Venezia nello share dell’opinione globale.
12 settembre 2013