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Muccino contro Pasolini: L’ignoranza al Potere
Accuse indifendibili verso il grande scrittore regista dimostrano l’estremo degrado
Se il cinema italiano è finito la colpa non è sua ma di un preciso,studiato disegno

A cura di FRANCO FERRI

Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini

Il blitz di parole che Gabriele Muccino ha usato per affondare colpi verso l’opera filmica di Pier Paolo Pasolini,a freddo non sembra sortita imprevedibile e mal ideata. La ricorrenza del quarantennale della scomparsa di uno dei più grandi intellettuali,poliedrici,che questo paese abbia mai avuto appare un’occasione di opportunismo presa al volo dal regista romano. Pesa la veloce discesa di una carriera cinematografica che non ha più lo smalto da giorni migliori,il suo ultimo film Padri e Figlie non è nemmeno tra i primi dieci di questa stagione iniziata ad agosto,e le coproduzioni in salsa finto hollywoodiana non riescono a svettare nel cinema internazionale. Restare sui media per sfogarsi contro Pasolini con polemiche strumentali è stata una boccata d’ossigeno per la sua autostima,risultava facile palcoscenico per esibirsi,forse,”di foga autolesionista” come suggerito da Fulvia Caprara sulla Stampa,ma un attacco di questo tipo ha riportato involontariamente al centro del dibattito,il pensiero,il cinema dello scrittore regista che dimostrano tuttora grandezza e modernità. Cosa dice Gabriele Muccino ? “ Penso che Pasolini regista fosse fuori posto un «non» regista che usava la macchina da presa in modo amatoriale,senza stile.” Se Muccino avesse detto questo ad un esame di cinema,sarebbe stato buttato fuori senza appello. Le inquadrature nei film di Pier Paolo Pasolini sono quanto di più pensato e dettagliato possa esistere nella storia della settima arte; Egli riconduce alla cinematografia uno stretto,coerente rapporto con i propri lavori letterari e poetici implementando nell’immagine,geometrie,linee architettoniche che sono frutto di studi semiologici,riconducendo gli archetipi alla rappresentazione più originaria dell’uomo. Lui stesso definisce il feeling con la cinematografia così. “ Il film è un’altra lingua molto diversa dalla letteratura,facendo cinema riproduco la realtà e inconsciamente sono vicino a questo primo linguaggio umano che si rappresenta con l’azione ”. Maurizio Crippa sul Foglio dirà. “ Se c'è uno che ha usato,in ogni inquadratura, per un fatto di estetica un dialogo ininterrotto con la realtà attraverso la storia dell'arte,è Pasolini. Solo che per guardare un'inquadratura di Pasolini bisogna avere negli occhi Masaccio,Giotto,Piero della Francesca.” Il notista de Il Foglio termina affermando,”Non so che liceo abbia fatto Muccino,il mondo si divide ingiustamente tra chi ha fatto un buon liceo e chi no”. Gabriele Muccino insiste nell’affondo contro Pasolini. “ Il cinema italiano faceva scuola grazie a maestri come Roberto Rossellini,Vittorio de Sica e poi Fellini, Visconti, Leone,Petri, Bertolucci,invece Pasolini aprì involontariamente le porte a quella illusione che il regista fosse una figura e un ruolo accessibile a chiunque improvvisasse ”. Muccino fa un elenco di nomi in modo qualunquista,ignora che ciascuno di quelli aveva personalità e stile diverso tra loro. Se però il suo desiderio è ricondurre tutto al fasto del periodo neorealista (Roberto Rossellini,Vittorio de Sica),non sa che i film Pasoliniani introdussero un’evoluzione sostanziale su questo filone,vent’anni dopo con una drammaturgia personale e prorompente,in un tipo di cinema per la verità non nato in Italia ma introdotto dal realismo francese in voga negli anni trenta. Se non si rilegge la storia del cinema attraverso il filo sottile del cambiamento si finisce per luoghi comuni e per “muccinate” indifendibili.

Gabriele Muccino
Gabriele Muccino
La polemica di Muccino non ha radici profonde di cinema,quando crede di affermare qualcosa di speciale. “ Dimostratemi che mentre Pasolini girava «Salò»,Kubrick non avesse già realizzato «2001: Odissea nello Spazio» e Fellini, «Otto e mezzo»”,cosa voglia dire lo sa solo lui ! Le filmografie hanno cronologia e importanza diverse. Tutti e tre gli autori citati,perfezionisti,sono nella storia ma Pasolini aveva trovato il perfetto equilibrio tra rigore tematico e successo di pubblico quattro anni prima di Salò con Il Decameron (1971) che vinse premi internazionali e soltanto in Italia fu visto da quasi dodici milioni di spettatori. Evidentemente in quel periodo piaceva senza reticenze il film controcorrente e di opposizione nella migliore sintesi del suo autore. Il regista de L’Ultimo Bacio invece ama il decadentismo grottesco e piange per i guasti di “arroganza intellettuale” che hanno distrutto il cinema italiano allontanando il pubblico dalle sale. In questo Pier Paolo Pasolini non c’entra nulla,però sembra che Muccino conosca bene la scena del delitto e come in un celebre thriller,dove il vero assassino cercava di incolpare con metodologia degli innocenti,finì vittima egli stesso di dettagli ipertrofici innescando la nemesi di un autogol ossessivo e psicanalitico. Quei termini di accusa artistica che rimbalzano da ”cinema amatoriale” a ”cinema improvvisato” sono sicuramente la forma più aderente del cinema italiano attuale, Quest’habitat è familiare a Gabriele Muccino e lo ha frequentato assai bene essendo uno dei germogli rappresentativi,meglio cresciuti all’orticello di questa cinematografia senza qualità che ha preferito sostituire talento e originalità espressiva non attingendo più dalle creatività presenti nella società e nel merito specifico. Il lavoro nel cinema è uno di quelli che in Italia viene garantito dal sistema politico trasversale senza eccezioni,se qualcuno dice il contrario è in malafede. Quanti personaggi non offrono risultati commerciali sufficienti,per non parlare di quelli artistici,eppure continuano per anni a girare film imperterriti? Un’unicità senza riscontro in altri paesi a grande tradizione filmica,non è stato un errore di percorso ma un preciso disegno,applicato con metodo scientifico da complicità diverse sicuramente arroccate nel potere. Gabriele Muccino è stato vezzeggiato e propagandato allo sfinimento dal sistema,anche da quei critici che ora ne prendono le distanze ha avuto pubblicità e la fortuna per qualche anno è stata dalla sua,alcuni lo hanno perfino preso per cinema di buon livello. L’imbarbarimento complessivo che ha sconvolto il paese ha sicuramente influito nel percorso negativo del cinema italiano,ma la coincidenza in cui gli spettatori hanno avviato la desertificazione dei cinema comincia negli anni’80. Iniziava allora il progetto della tv totalizzante,e il cinema con la sua diversità non doveva più essere coscienza critica di una nazione perciò non c’era posto per nuovi Pasolini,Petri o Monicelli del duemila. Non serviva più la fantasia in un potere (cinematografico) non omologato,ma un potere che allevasse l’amica più fedele e servile,l’ignoranza.  Eppure per magica fatalità nell’assurda crociata di Muccino a difenderlo arriva proprio un quotidiano politico,Il Giornale,che per penna di Alessandro Gnocchi scriverà ironicamente.” Meglio creare il santino di Pasolini,e screditare chi mette in discussione la beatificazione ”
14 novembre 2015