Oltre le 12 nominations agli Oscar “Il discorso del re” fa incetta anche di lodi
Per Giraldi, “Film dagli impeccabili connotati anglosassoni”
Ma da Londra il Guardian critica ”contribuisce alla Dianificazione della monarchia”
a cura di FRANCO FERRI
Il Discorso Del Re
Questa volta ospitiamo nel palcoscenico a volte colorito dei nostri tiri incrociati gli highlights che riassumono meglio il film del momento con le 12 nominations agli Oscar,
Il discorso del re. La particolarità comune del match odierno è che il film unisce le opinioni dei nostri amici critici in senso positivo come poche volte accade,probabilmente per un meritevole livello estetico e narrativo della storia unito ad un evolversi di situazioni che creano un interesse intorno al futuro Re Giorgio VI°. Sull’aspetto classico della pellicola ha un suggerimento Gianluigi Rondi dalle colonne del
Tempo. Nel suo quadro di riferimento vede…”
Personaggi analizzati con cure attente,tutto molto da vicino,gli ambienti attorno ricostruiti con rispetto”…”i momenti storici da cui la vicenda è attraversata,espressi sempre con emozioni e tensioni”. Acquista un’efficacia valente l’aspetto drammaturgico per Alessandra Levantesi Kezich della
Stampa,sulla cui struttura…”
Tom Hooper incornicia la vicenda in interni reali poco spaziosi in modo da sottolineare la valenza intimistica di un uomo terrorizzato dall’idea di diventare re”. Massimo Giraldi di
Avvenire indugia,”
Sugli impeccabili connotati anglosassoni “ precisandone la dimensione…”
che sa di perfezionismo ma non diventa maniera”. La balbuzie che affligge Giorgio VI° originata da traumi e dalla durezza del padre,rappresenta un nemico interiore di non facile debellamento ma superare l’ostacolo è condizione necessaria per il trono del grande impero Britannico lanciato verso un’inevitabile guerra. L’ascesa di quest’uomo fragile è aiutata da un attore dilettante di formazione Shakespeariana che avrà importanza vitale nella comunicazione del futuro re. Non dimentichiamo che lo scenario di quel periodo,già assorbito in una modernità mediatica,deve contare sul fondamento carismatico di un leader apprezzato dalla massa.
Calaudio Carabba
Il fantasma di Shakespeare riecheggia anche nell’impianto drammaturgico impostato da David Seidler con uno spiccato riferimento alla tragedia,ma l’invenzione colloca ostilità e trame non nei corridoi di corti infide bensì nei gorghi siti nell’inconscio dell’ignaro principe. Su un’idea anch’essa vicina al mitico William ha qualcosa da stendere Claudio Carabba sul settimanale allegato al
Corriere. “
Come nelle tragedie classiche il sovrano deve innalzare il cuore del suo popolo impaurito. Dopo una lunga preparazione e un continuo crescendo drammatico Tom Hooper costruisce la sua scena madre”. Apparirà curioso,ma sicuramente indicativo di una scelta interessante,lo sguardo minimalista fornitoci da Paola Casella di
Europa. “Il protagonista è sempre collocato ai margini dell’inquadratura come promemoria visivo di quanto poco si senta al centro della propria vita,solo alla fine conquisterà la posizione dominante all’interno della scena”. Il film fa viaggiare opinioni collaterali che ci portano fuori dei connotati strutturali e in questi casi l’adrenalina sale decisamente.
Caterina Soffici
Caterina Soffici del
Fatto Quotidiano afferma
che”guardando Il discorso del re” vengono in mente
parole di alto lignaggio morale come,”
Responsabilità,rispetto delle istituzioni,nazione unita,grandezza di un popolo. Purtroppo viene spontaneo fare confronti con la martoriata storia d’Italia”.Chi gioca in casa solitamente detiene un ruolo di conoscenza della materia e di confidenza introspettiva maggiore,ce lo dimostra
The Guardian,alfiere legittimo della criticissima stampa inglese,che fa un’analisi storicizzata. “
Ciò che il 1789 è stato per i Francesi e il 1776 per gli americani,il 1940 lo diventa per i britannici; il momento decisivo per resistere da soli alla minaccia nazista. Questo periodo è l’unico studiato a scuola dai nostri figli mentre la storia precedente è sempre più indistinta e confusa”. In stile sagace fatto di attualizzante riflessione ci fa sapere che il film con Colin Firth ha un substrato buonista assai pernicioso…”
estende il processo di Dianificazione della monarchia spingendoci ad acclamare Giorgio VI° non per la sua maestà ma per la sua vulnerabilità”.