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La Grande Bellezza perde i pezzi
Fuori dai premi a Cannes per eccesso di conformismo
Oltre la propaganda non trova sostenitori italiani ed esteri

A cura di FRANCO FERRI

Tony Servillo
Tony Servillo
Avrebbe voluto insinuarsi in quella zona di cultura critica che il cinema spesso cattura e dispensa in favore di un dibattito progressivo ma non è stato così. La Grande Bellezza si infrange nel nulla con tutta la pretestuosa prosopopea che lo aveva annunciato,lasciando sole le intenzioni del marketing attraverso slogan consolatori e confronti improbabili con pellicole classiche nella più pura tipologia da pubblicità ingannevole. Roma,e l’habitat dalla quale è circondata hanno perso un’occasione cinefila,il momento caldo e saliente per vedere in chiaroscuro l’epoca decadente che stiamo attraversando. Potere,personaggi,simulacri e mediocri se visti da una lente sulfurea sarebbero stati in grado di trasmettere tutto il grigio,la conservazione che soffoca la libertà e lo splendore sempiterno proveniente dall’antica città. Il vero dramma del film,quello dentro i contenuti,non sta soltanto nell’ebbrezza autocompiaciuta delle immagini ma nella totale assenza di interfacciamento,di un uso del linguaggio cinematografico adatto a motivare un messaggio autoriale. Il film finisce per tradire il titolo e Cristina Piccino de Il Manifesto scrive,“Se questo deve essere il racconto dell'Italia oggi,è francamente un po' facile e parecchio banale,posticcio soprattutto e privo di necessità con un barocco fine a se stesso”. Alla resa dei conti lascia un impressione fondata di conformismo,finisce per rimanere prigioniero di tanta esteriorità colorata e appare troppo timido nel voler fustigare i costumi odierni. La Grande Bellezza sembra involontariamente un elogio nostalgico alla società imbalsamata nonché un prodotto estensivo di quella stessa cultura dominante,soggetto del film,esecrata a parole.

 

Boris Sollazzo
Boris Sollazzo
Maria Rosa Mancuso sul Foglio ammetteva durante il Festival di Cannes,”Il film che vuole battersi contro la superficialità è il più futile tra quelli finora passati in concorso. La kermesse francese è stata la competizione dove si sono increspate le prime ombre sul film,al di là del solito tifo di certi commentatori che vedono sempre il festival come uno stadio. A tal proposito curiosamente sentenziava Boris Sollazzo su Gli Altri. ” L’Italia sul grande schermo è ancora viva,il talento dei nostri registi e attori è estremamente vitale,in controtendenza rispetto al suo stato economico,alcune intuizioni de «La Grande Bellezza» sono geniali e diverse sequenze turbano e colpiscono”. Un’affermazione con il sapore irreprensibile ed evocativo da ruggente ventennio littorio che però non riesce a risultare accettabile sul lato squisitamente artistico. Per i maggiori giornali è pollice verso nei confronti della pellicola,La Repubblica,solitamente acritico verso il cinema italiano,non ci sta e titola,” La bellezza del film di Paolo Sorrentino è più grande per la stampa estera che per quella italiana ”
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Bruno Icher
Bruno Icher
Esplorato nel dettaglio,il capitolo delle opinioni internazionali presenta una forma incontrovertibile che smentisce l’enfasi del quotidiano capitolino. Le testate che sono andate oltre un’attenzione puramente didascalica ed informativa,preferendo un approfondimento specifico dicono ben altro. Oltre la tirata d’orecchie dei Cahiers,già analizzata la volta scorsa,si uniscono alla tendenza l’americano Variety con Jay Weissberg che osserva, Il film é l'opera di un cinefilo pavone che manca di vera profondità ”. L’Inglese Peter Bradshaw dal The Guardian sottolinea come,” Nella «Grande Bellezza» vi sia un’abbondanza magniloquente che va a discapito delle emozioni “ mentre il francese Bruno Icher di Liberation lapidariamente afferma,“Retorico e nostalgico”. Guillaume Loison se la prende anche con il protagonista,leggiamo sul Nouvel Observateur,“ Un lavoro pieno di ipocrisia con un Tony Servillo troppo noioso e monotono”. Se prendiamo in esame i sette film premiati a Cannes,vediamo che tutti hanno avuto in comune tematiche e propensioni identificabili in un ridisegno complessivo del ruolo dello spirito umano verso il domani.Storie morali e civili dove spesso sono le diversità a far breccia nell’animo dello spettatore,in ciò la giuria del festival ha reso un esemplare servizio al ruolo del cinema. La Grande Bellezza con il manierismo artificioso lascia aria fredda di convenzionalità e fumo di insincerità nel contenuto,tenendo a distanza la permeabilità cinefila nel cuore dello spettatore festivaliero scuola ventunesimo secolo.