Rosario Dawson
Abbiamo concesso a Venezia 70 la precedenza e tutto lo spazio che meritava ma non potevamo dimenticarci del film che seppur uscito in sordina ha mostrato le maggiori qualità viste negli ultimi mesi e superlativa definizione da cinema moderno.
In Trance di Danny Boyle è una di quelle storie che sono in minima parte agganciate all’intreccio tradizionale, Semmai lo utilizzano per veicolare i continui passaggi fra logica e irrazionale attraverso una fluidità stilistica che unisce contaminazioni dei generi e suggestioni dell’arte. Due tele vengono accostate simbolicamente per dipingere l’affresco cinematografico più inquietante e impressivo,quello della mente umana.
L’Artista nella Tempesta di Rembrandt,opera scomparsa e indefinibile per lo sguardo altrui,
Streghe nell’Aria di Goya che insegue visionarietà oltre il buio dello spirito. L’ipnosi,il ricordo,l’abisso e la luce sono alcuni degli stati d’animo che vivranno i protagonisti e nel medesimo istante c’è un ideale passaggio di testimone verso gli spettatori. Interviene Maria Rosa Mancuso che non se la sente di andare oltre affermando sul
Foglio, “
Il film cambia genere troppe volte,più che a un film somiglia alle montagne russe ”. Come vedremo si denota dai giudizi,non tanto affrettata perizia recensoria,ma un’avversione alle argomentazioni trattate da
In Trance che rivelano imbarazzo se non dichiarato fastidio. Paradossalmente la visione del film per certi opinionisti si adatta ad una specie di psicanalisi culturale. Emergono dal loro vertigo ancestrali tabù che cercano di fermare l’originalità creativa. Spesso il paravento sa di commento inquisitorio. Maurizio Porro sul
Corriere della Sera dice
,“ Il problema di questo genere di cinema è fermarsi prima che il pubblico abbia la sensazione di essere a sua volta ipnotizzato e non sappia più destreggiarsi tra immaginario e reale ”.
Valerio Sammarco
Sembra di vivere l’oscurità di altri periodi storici anche in considerazione di pensare ad un pubblico che non si sia ancora impratichito con le sovrapposizioni narrative e stilistiche. Il retaggio del realismo duro qui resiste,nel cinema internazionale come si vede non è un problema. In questa linea dove il dogma ha lasciato confini invalicabili si barrica perfino
Sentieri Selvaggi che parla infatti di
“ Linea teorica di un cinema che vuole farsi piacere rimbambendoti. Dove realtà,sogno e ricordo si confondono “. Danny Boyle
e la personalità degli sceneggiatori (Joe Ahearne,John Hodge) chiedono un livello di decodifica da parte dello spettatore non più tradizionale ma stimolante,che lo ponga virtualmente in primo piano sulle corde della trama,anche questa è una provocazione trasgressiva alla stregua di tutto il corredo contenutistico.
In Trance elabora arte e psiche equiparando ad esse la condizione figurativa di un quadro che rimanga cornice senza tela. La comparsa nella vicenda della psicoterapeuta Elizabeth Lamb,in una veste dal rituale sacrificante,è propedeutica alla ridefinizione della mente con il pastello dei colori intrisi nell’anima ma saprà lei stessa ben giocarsi la partita. Una specie di moderna strega,ipnotica,ai confini della scienza,abile nel giostrare gli scacchi dell’ambiguità,quanto irresistibile per sconfiggere la logica razionale che non permette accesso alle recondite profondità dell’essere. Notiamo quale riassunto del conturbante personaggio interpretato da Rosario Dawson viene consegnato ai lettori di
Cinematografo.it per nota di Valerio Sammarco,
” Quello che interessava al regista britannico era prenderci in giro con derive splatter,regalando anche «due full frontal nude» della Dawson ”.
Joe Morgenstern
Tutta la vicenda si sviluppa come fosse una parabola rock e chi non conosce quella cultura,i versi delle canzoni fatte da incendi dei sentimenti,drammi ravvicinati che si fondono con etica anticonformista,non capirà il lancinante,doloroso afflatto di quelle immagini erotiche ben oltre una verità puramente psicoanalitica. Stranamente le tesi del film vengono recepite con maggior analisi,rispetto ai professionali della recensione,da chi ha seguito la pellicola utilizzando una scintilla
open,molto più spontanea
di certo
per coloro che nascono esclusivamente dal web.
Lapis il Magazine,sottolinea.
“ Siamo ben oltre all’ipnosi come strumento d’indagine,quest’ultima è uno straordinario mezzo sciamanico funzionale alla sovrapposizione di piani paralleli di realtà; un puzzle,un piano narrativo su differenti livelli reso mirabilmente cinematografico.” La pellicola troverà il carattere della storia geniale grazie anche all’apporto di Vincent Cassel e James McAvoy che stringono i legami narrativi con il rilevante interiore in modo tale da assemblare un thriller atipico,compresso e interfacciato che dice addio all’analogia del racconto. Lampante e significativa è la metafora di chiara lettura che offre Joe Morgenstern su
The Wall Street Journal assegnando a
In Trance un inconfondibile palmares da nuovo millennio,
“ In tempi digitali gli elenchi non si usano più così tanto,ma se c'è un regista capace di trasformare una rubrica telefonica in immagini folgoranti,quello è Danny Boyle.