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Il male oscuro dei Golden Globes
Accuse e polemiche hanno degradato uno dei massimi premi di Hollywood
Effetti sulla 79° edizione orientata all’accademismo da Campion a Spielberg

A cura di Franco Ferri

Jane Campion vince con Il Potere del Cane
Jane Campion vince con Il Potere del Cane
E’ trascorso più di un anno da quando infuocate polemiche hanno sconvolto il premio che tradizionalmente apre l’annata e talvolta ha guidato la strada luminosa di tante celebri pellicole. I Golden Globes perdono charme e glamour mentre l’alone dorato che li avvolse pare dissolversi e riassumersi drammaticamente nell’epiteto stampato sul Fatto Quotidiano,“Golden Globes? Pomi d’ottone”,ponderato dopo il silenzio mediatico e la messa all’indice decretati dallo Stato Maggiore Hollywoodiano. “Finisce la gloria di chi si vantava di tracciare la strada verso gli Oscar”,dice Mariarosa Mancuso (Il Foglio),del resto senza tv e supporto dei media sembra assai complicato creare un vento di credibilità. Troppo gravi le accuse rivolte all’associazione della Hollywood Foreigner (Stampa Estera) che nell’arco di mesi non ha mai mostrato alcuna volontà di cambiamento interno. Quali sono i punti caldi del perentorio J’Accuse? Mancanza d’inclusione tra i membri di questo club elitario (un centinaio),che avrebbero la pretesa di indirizzo per l’intero movimento cinematografico senza il richiamo alla diversità culturale e chiudendo a nuovi associati non bianchi. Ancor più duri quelli che specificano pratiche non oneste,“Avendo fatto arricchire i propri adepti tenendo in pugno produzioni e distribuzioni” (Corriere della Sera),oltretutto il disegno di casta avrebbe messo in mostra giurati con assenza di scrupoli,come suggerito da Gloria Satta (Il Messaggero),”Non tutti i votanti sarebbero inoltre esperti di cinema”. Mentre Tom Cruise deluso ha già restituito i tre Globes vinti nell’arco della sua carriera,emergono altri dettagli inquietanti su sessismo e presunti,“Favoritismi nei confronti di Netflix” (Libero),lasciando su quest’ultima ipotesi fondata illazione che l’ambiente possa aver contestualizzato al presente solo lacrime di coccodrillo. Il colosso on demand sembrerebbe infatti tuttora nelle grazie dei grandi elettori della HFPA avendo raccolto 17 nomination alla 79°edizione dei Globes tra cinema e televisione. D’impatto immediato l’orizzonte delle candidature è sempre più indirizzato ad incorporare grande schermo e Tv nonostante da aprile 2021 non sussistano motivi completamente pandemici che avevano visto nel verbo streaming l’unico approdo possibile. La visione in sala dai mesi scorsi sta ritrovando buona grinta (Italia esclusa) e la premiazione hollywoodiana doveva evidenziarlo con una selettiva più attenta alle novità che peraltro c’erano.“Viene da chiedersi quali fossero gli strumenti critici messi in campo per le selezioni e i premi”,sostiene il critico Paolo Mereghetti. I verdetti finali in larga parte offrono specchio nitido sull’interrogativo in questione dopo una gara che risulterà tra le meno performanti da svariati anni in qua. Il Potere del Cane di Jane Campion e West Side Story di Steven Spielberg spiccano nell’albo d’oro con tre riconoscimenti a testa sebbene resta difficile comprendere cosa resterà nella memoria di questi film.

Steven Spielberg dirige West Side Story
Steven Spielberg dirige West Side Story
La storia diretta dalla Campion è di quelle con gli ingredienti che Netflix predilige ovvero generi codificati senza sorprese adattati per un pubblico da salotto a cui non si delegano sussulti. Ai più esperti apparirà una lineare imitazione dei film indipendenti dalla pelle acre,”Conflitto tra i protagonisti,l'archetipo del cow-boy macho e il ragazzo alla moda”,ribadisce Cristina Piccino (Il Manifesto),ma si conferma un déjà vu poco espandibile ambientato in un tardo,esausto western con profusa prevedibilità e inutile,patinato effetto dell’inquadratura. Se fosse stato prodotto per il cinema probabilmente non superava il limite medio basso del box office offrendo di sicuro l’altra guancia per confronti imbarazzanti. Realizzato specificatamente per i circuiti theatrical dei cinema invece era West Side Story,tuttavia i suoi risultati così deludenti in ogni parte del mondo sono in sintonia con il basso indice di gradimento ricevuto. Il mistero che ha condotto Spielberg al remake del celebre musical lo conosce soltanto lui,magari un giorno sarà oggetto per un intrigante metafilm. La celeberrima vicenda di Maria e Tony,divisi tra le gang Jets e Sharks,non presentava originalità sostanziale per un attecchimento contemporaneo ed insistere abbastanza sul lato estetizzante non ha fatto che dar prova di una pellicola dal tepore crepuscolare. Tutti e due i film fotografano in questa edizione un’ inconfutabile cornice di pronunciato accademismo. Per fortuna va meglio se guardiamo al premio del miglior film internazionale vinto dal giapponese Drive My Car diretto da Ryûsuke Hamaguchi che è un racconto straordinario. Addirittura doveva essere candidato anche in altre categorie,Come prima annunciato e poi disatteso dalla HFPA”,lo annuncia il critico Federico Pontiggia che prevede per la pellicola un ricco futuro,”Perché «Drive My Car» ha le stimmate del predestinato essendo in trent’anni uno dei pochi ad essere laureato Miglior Film contemporaneamente dai critici di New York e Los Angeles”. In lizza c’era anche,E’ Stata la Mano di Dio di Sorrentino,con patriottico ardore Maurizio Acerbi (Il Giornale) avrebbe voluto scommettere su una vittoria,”Ci eravamo un po’ illusi che l’onda lunga dei tanti successi italiani che ha caratterizzato il 2021 potesse propagarsi anche in questo nuovo anno”,ma ciò non avverrà per il semplice fatto che con razionalità il cinema non ha stessi parametri dello sport. Il film già alla vigilia non godeva dei pronostici pur battendo bandiera Netflix che del resto lo ha appoggiato tra le candidature con grande effetto pubblicitario. Resta “Delusione” nei media italiani che nel tentativo ironico di smorzarla e giocando sul titolo qualcuno pubblicherà,”La mano di Dio non fa miracoli”.
23 gennaio 2022