Ben Kingsley è Mèliés
L’arrivo in Italia del nuovo film di Martin Scorsese,
Hugo Cabret viene salutato con opinioni complessivamente positive tali da suscitare antiche esclamazioni come quella urlata da Giorgio Carbone in
Libero che evoca
“’Etichetta da spettacolo domenicale “. Speriamo non sia solo uno slogan retrò considerato,per crisi o altro,che l’afflusso più massiccio nei cinema oggi si è spostato in mezzo alla settimana causa il prezzo ridotto d’ingresso.
“Spettacolo per famiglie”,lo è per Gianluigi Rondi sul
Tempo perché
“racconta il periodo del muto con la tecnica abbastanza avveniristica del 3D.” Ci si
mette pure Alessandra De Luca in
Avvenire,
“ film per bambini e famiglie “,restiamo d’accordo sul processo multi anagrafico del tema ma per favore perché non incentrarsi sul messaggio adulto del film,vera perla comunicativa ? Ci viene subito incontro Mariuccia Ciotta de
Il Manifesto che suggerisce
,” Al di là dell'etichetta «per ragazzi»,l'unico film sperimentale in circolazione,con la sua Parigi ispirata alla città di René Clair e fusa con la Belle Epoque ”... “il film è una specie di laboratorio dell'impossibile tra «Truman Show» e «Terminal», e passa dall'action movie di «Gangs of New York» all'intimismo del sogno.”
Viaggio nella Luna (1902)
L’apparenza ludica lentamente si dissolve e Fabio Ferzetti sul
Messaggero prova a entrare nei veri ingranaggi della pellicola
,” Difficile immaginare introduzione più appassionante ai misteri alle profondità di quell'arte da baraccone che avrebbe conquistato il Novecento ”...” La realtà cambia ogni giorno,ma le illusioni hanno vita lunga.“ Alessandra Levantesi Kezich su
La Stampa vede due film paralleli
,” La parte dickensiana (amicizia di Hugo con la fanciulla e la riparazione del robot) mal si intreccia con il discorso sul fantastico immaginario di Georges Méliès”. Non si possono separare i due aspetti che sono omologhi e favoriscono entrambi l’osmosi essenziale e stilistica della vicenda. A questo punto vanno in scena i teorici della nostalgia che forse per loro stessa indole o per equivocata sintesi della poetica scorsesiana,sono allucinati da un bagliore di cinema sepolcrale.
“ La scoperta di un mondo fantastico da mettere in scena per elaborare il lutto. Tutto molto bello esteticamente,ma sarà meglio che Scorsese torni a raccontare i suoi gangster “.
Mariuccia Ciotta
In questo modo descrive
Hugo,Michele Anselmi de
Il Riformista,ma risulta lui stesso in preda ai fantasmi di un passato che Martin Scorsese non rimpiange avendo tratto nuova linfa giovanile,rivitalizzante da
The Aviator a
Shutter Island,passando per
The Departed ,fino a questa odierna allegoria del cinema in perfetta linea con il suo nuovo trend. Sarà il clima decadente,per la centralità perduta in Italia,che il cinema suscita,di certo anche Paolo D’Agostini di
Repubblica si allinea dicendo “
Patrimonio nostalgico come memoria perduta della magia di un cinema scomparso ”. Il punto di vista è decisamente limitante e privo del panorama che il regista newyorkese ha voluto comunicare. Il substrato del film non si risolve in chiave emozionale,per intenderci da
Cinema Paradiso,altresì mette in movimento un meccanismo che ci conduce a un percorso di tipo subliminale dove più degli occhi sarà importante la mente nel percepire i puzzle di un mosaico,se vogliamo criptico ma intuibile,che riconduce alla profondità originale e originaria del cinema. La riscoperta delle radici riporta in gioco la modernità stessa del cinema. Nell’opera di Georges Méliès era già presente la forza e la propulsione sintattica del film contemporaneo.
Vincenzo Cerami
Per restare in
Hugo Cabret le sequenze della chiave a serratura con forma di cuore,sono un semplice gioco dai simboli sentimentali ? Chi osserva con maggior introspezione i legami stretti potrà aprire suggestive porte. Altrettanto fuori dal bersaglio è Vincenzo Cerami,dalle pagine del supplemento domenicale del
Sole 24 scopre che
“ La macchina da presa di Scorsese,maestro indiscusso della visionarietà cinematografica,non coincide sempre con l'angolazione dello sguardo umano “. Difatti stavamo esprimendo la concezione spiccatamente impressionistica del film in cui la macchina da presa è la protesi dell’occhio che connette con la parte irrazionale,non la coincidente espressiva di un medesimo angolo visivo. Cerami insiste nel riproporre la vecchia strofa del realismo,perciò cade nella trappola mortale e,se vogliamo retorica,del cinema della memoria,alla pari di altri colleghi scriverà,
“Sintomo di un rimpianto malinconico”...” La nostalgia di Scorsese è nostalgia del candore e dell'innocenza”.