Johnny Depp è Barnabas
L’accoppiata Tim Burton,Johnny Depp giunge all’ottavo film,comprendendo in lista anche il lavoro di animazione
La Sposa Cadavere. L’uscita di
Dark Shadows si rivela un appuntamento denso di interesse catalizzando opinioni in un feedback dalla risonanza globale. Questa volta la contemporanea distribuzione in molti paesi ci permette di offrire un quadro davvero ampio sull’eccentrica storia che vede protagonista il vampiro dall’aria pop,Barnabas Collins. A prima vista potrebbe sembrare un entertainment movie il cui tono leggiadro confonde fino ad ingannare chi osi pensare a paragoni minoritari con le pellicole precedenti. Tutti coloro che non hanno tempi e pensieri sbrigativi noteranno invece nelle pagine,fra le pieghe del racconto aspetti e considerazioni stilistiche che vanno al di là di una semplice commedia.
Tim Burton
Divertimento e sorriso non sono in tutti i casi un sintomo di inferiorità,in vena di distinguo Bill Gibron della rivista americana
Filmcritic pone attenzione sui generi
,” A differenza di «Sleepy Hollow»,che era di ispirazione truculenta stile Hammer, (celebre marchio degli anni 50-70)
«Dark Shadows» ha nell'humour la mappa principale del film “. Sicuramente da non trascurare l’attitudine perfezionista di Johnny Depp che anche questa volta offre un contributo minuzioso,lo ricorda Owen Gleiberman su
Entertainment Weekly ,
“ Depp è più che divertente,è molto accattivante,accarezza ogni dettaglio con grande cura,come se fosse una caramella da scartare,e dà a Barnabas,il vampiro,oltre all’intensità demoniaca,un’innocenza quasi da elfo “. Affermazioni di prestigio provengono dalla Francia da
Lesinrocks,spesso
celebre per la sua esigenza critica.
“ «Dark Shadows» si è rivelato uno dei suoi migliori film,Tim Burton è un eterno bambino che non vuol accettare l’idea di non poter cambiare e sistemare tutto nell’esistenza,basta rivivere oltre la morte “.
Eric Libiot, L'Express
Meno entusiasmo in Spagna,l’opinione di Carlos Boyero di
El Pais mette un punto negativo sull’affresco,
“ Humour nero ed eccentrico ma tutti i buoni propositi per divertirsi spesso rimangono sulla carta “. Non sembra tanto appassionata neanche Alessandra Levantesi Kezich della
Stampa di Torino che avverte un vuoto
,” In tanto smalto formale Burton inscena con l'usuale talento un teatrino popolato dei suoi pupazzi preferiti,però il suo cuore sembra stare da un'altra parte “. Scrive Peter Bradshaw sul londinese
The Guardian,
“ Sarete sopraffatti dallo stile Ghotic,assoggettati dalle tenebre del vecchio mondo nella Liverpool del 1760,esterrefatti dal trucco da vampiro di Johnny Depp con un accento quasi inglese che sostiene battute divertenti ”. Il commentatore inglese sintetizza in pochi passaggi il carattere,la carica del romantico vampiro,figlio di una ben determinata epoca che Tim Burton andrà a calare nel futuro,quello della vita e del pensiero nuovo nel 1972,in un significativo sviluppo che sarà molto più di una sfumatura narrativa. In esso non vedremo un consunto gioco di anacronismi e di nostalgiche iconografie ma avvertiremo il profondo arcano di un mondo progressivo come se quel futuro,quasi per strano gioco (in realtà un passato per noi) possieda ancora uno spirito vivo e sagace.
Maurizio Porro
Le fusioni armoniose dello stile Barnabas con la cultura hippie,il rock di Alice Cooper portano una capacità e un mix inebrianti adatti agli spettatori giovani di oggi. Eric Libiot del periodico francese
L’Express ne
resta affascinato,aggiunge
,” Burton ridisegna la mappa del cinema d’intrattenimento per onorare un patrimonio culturale che si è sbarazzato del conservatorismo,tende una mano al passato con sguardo rivolto al futuro: La parabola dell’uomo moderno ”. Visioni e sottotracce diventano un’altra cosa per Maurizio Porro sul
Corriere della Sera che illustra una lettura diametralmente opposta,”
Commedia e satira che prende di mira soprattutto gli anni 70 con le loro care stupidaggini oggi vintage,dai gioielli di macramè e resina alle lampade di lava “. L’oggettistica non è complemento ad una satira invero assente,ma ciò che stupisce è l’atteggiamento infastidito di fronte al messaggio evolutivo del film in chiara posizione eufemisticamente conservatrice,e Porro continua
“...per non dire di «Love Story» di Segal,di cui viene citata la frase cult che ora fa ridere “. Con un pizzico di maggiore attenzione si sarebbe reso conto che Barnabas non ride di fronte al celebre aforisma sull’amore ma rimane affascinato per una grande scoperta morale oltre il tempo,dentro i tempi. I critici italiani a volte sembrano distratti e si preoccupano arditamente di considerare con distanza e supponenza le culture del cinema più recenti e stimolanti.