Un film spettacolare che richiama attuali e sommersi progetti di dominio globale
Discussione aperta a tutto campo dove gli ideali a volte si scontrano con l’ideologia
A cura di FRANCO FERRI
Chris Evans é Captain America
Il simbolico scudo in dote a Capitan America ha trovato implacabile avversario in un altro scudo,quello evocato appunto da SHIELD,l’apparente sistema di difesa mondiale che in realtà serve per il controllo e l’asservimento delle genti. Nasce da paure collettive sistematicamente iniettate,gestite da un apparato supercontrollore erede ed evoluzione del vecchio potere nazista,una cellula segreta chiamata Hydra che avevamo già conosciuto nel precedente episodio,
Il Primo Vendicatore. Lo scenario del film come si può facilmente comprendere trasporta lo spettatore in qualcosa a metà strada tra l’intelligente interpretazione di quanto accade veramente nel mondo e la simbiosi con l’allegoria,il significante della maschera di un comics Marvel con le dinamiche da action movie. Una filigrana occulta,coperta da opportunistici paraventi,che vuol trasformare il mondo attuale per ricondurlo ad uno status non libero,questo è il campo di battaglia in cui dovrà agire Capitan America. Ora come non mai serve il ricorso agli indelebili principi di libertà dei quali è sempre stato strenuo difensore. Un patrimonio oltre il patriottismo localizzato di un tempo che unisce culture diverse e fraternizza per un’esigenza comune a carattere globale. Il cinema offre così contributo generoso in un momento sociale nel quale le esigenze dei popoli,le speranze dell’individuo sono spesso frustrate da sistemi amministrativi e finanziari senz’anima. Il ritorno a varie latitudini,magari con faccia amica e democratica,di un potere che si rifà ai valori etici,economici,politici dei vecchi fascismi dipinti con nuova vernice non è spesso in prima pagina ?
Captain America,The Winter Soldier è
meglio di una spy story impegnata,riesce a convogliare interesse e voglia di dibattito su temi sulfurei,peraltro diversamente di non facile espressività. Federico Pontiggia entra subito in sintonia sulla lunghezza dì’onda e dal
Fatto Quotidiano scrive,
” Il migliore cinefumetto della Marvel,l'unico a non uscire annichilito dal confronto con l'inarrivabile trilogia del Cavaliere Oscuro,firmata da Chris Nolan”. Francesco Alò,opinionista de
Il Messaggero,è ancora più determinato e forse stupito di tanta forza
,” Il nostro eroe sposa le teorie di Julian Assange e Edward Snowden.Che un cinefumetto con Captain America potesse essere così antigovernativo è realmente rivoluzionario “.
Francesco Alò
C’è inoltre la presenza molto importante di Robert Redford che si riallaccia idealmente al cinema di intrighi politici. Il riferimento non va tanto a quelli interpretati negli anni ‘70 ma ad una storia più recente e anticipatrice degli squilibri contemporanei,
Spy Game (2001) di Tony Scott dove le oscurità degli agenti segreti erano al centro dell’intrigo. Redford in un mondo dai confini cambiati vedeva uomini e doppiogiochisti nel ventaglio dell’ambiguità e confusi dai nuovi ruoli governativi post muro di Berlino. Qualcosa con il quale Capitan America dovrà fare i conti. Suggerisce al proposito Giorgio Carbone su
Libero,” Da che parte sta il Male ? Oggi i cattivi non hanno divisa,i buoni sono meno buoni di quel che sembrano ”. Però il resto della sceneggiatura non sembra affascinarlo
,” Il coinvolgimento emotivo è relativo,i personaggi principali sono pupazzi ”. La nota dello stesso giornale redatta da Bruna Magi entra in decisa collisione ideologica con la tesi del film,
” Risulta piatto e scontato che alla base delle direttive perfide ci siano sempre i nazisti (mai obsoleti,hanno vita eterna)”. Questa sarà una caratteristica di distanza (eufemistica) dal messaggio del film che contraddistinguerà altri periodici orientati a destra o commentatori lontani dalla tesi della storia. Mariarosa Mancuso de
Il Foglio dice,
”Una trama piuttosto paranoica. I complottisti sono convinti che il mondo sia un libro digitale“ mentre Maurizio Porro sul
Corriere della Sera gli fa coro affermando,
”Sembra girato in guerra fredda per cui non stupisce trovare Redford in clima anni ‘70,rumorosamente monocorde“. Antonio Bracco di
Comingsoon.it che porta le argomentazioni sul versante comunicativo della trama
.” Perde il fascino retrò del primo film,rappresenta il fascio di tutta l’erba buonista,eroica e integerrima coltivata sotto la bandiera americana. La collocazione nella contemporaneità ne farebbe inevitabilmente un personaggio noioso “. D’intuito capiamo che il commentatore dovrebbe aver scritto l’impressione prima di aver visto il film,altrimenti non comprenderemmo certe descrizioni astruse dal contesto del film,piene di luoghi comuni d’altri tempi,oppure…più verosimilmente non è mai andato a vederlo. Sergio Sozzo,editorialista di
Sentieri Selvaggi,invece va alla ricerca dell’effetto,la frase che secondo il suo ego condensi in quattro parole l’essenza del film,
” La dimensione del museo che canta le gesta dell’eroe mantenuto sotto ibernazione attraverso la Storia degli States rappresenta la natura di questo cinema”. Cerchiamo comunque una risposta,ammesso che si possa tradurre pensiero tanto snobistico quanto spocchioso. Non siamo al museo delle cere,il personaggio ibernato è la quintessenza di un principio a volte astratto che la storia deve tirare fuori ogni tanto come un cazzotto per esigenza impellente,la libertà. Ci sono tempi dove la glaciazione delle idee fa comodo a qualcuno e il risveglio senza confini o misure restrittive fa bene all’evoluzione. Capitan America grazie al cinema,alla modernità del suo impatto rinnova l’afflato rimettendo in primo piano con un format un tempo impensabile la suggestione e l’idealità del risveglio contro la tirannia,e non stiamo parlando solo di un bel fumetto !