Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux
Si può intervenire con l’autorevolezza della propria cultura,tuttavia risulta molto difficile riuscire ad essere oggettivi di fronte ad uno dei film più importanti dell’anno,
La Vita di Adele. Tutto questo perché gli opinionisti dei maggiori mezzi di informazione si sono gettati sulle scene erotiche del film riproponendo un dibattito da altri tempi. Il clou del film secondo alcuni troverebbe verbo significante e apoteosi narrativa solo in quelle sequenze.
“ Alla fine lo zoccolo duro del film risiede nel suo valore di costume,mostrare senza ellissi un incontro d’amore tra donne “,dice con saccenza Paolo D’Agostini su
La Repubblica mentre dal milanese
Il Giornale,Massimo Bertarelli va in sala con cronometro alla mano,”
In tre ore racconta una sofferta passione saffica,dieci minuti se ne vanno in kamasutra lesbici con mugolii,una ventina in lacrimoni.” Le dissertazioni al proposito hanno dato fiato ai soloni della morale quanto a quelli che avevano nel cassetto il nascosto talento della regia o del
final cut suggerendo ipocrite,geniali forme di sintesi per tagliare le famigerate scene e rendere il film più snello. Quando qualcosa di simile lo troviamo scritto in un importante giornale come
La Stampa che invoca apertamente censura nel verbo di Alessandra Levantesi
,” Kechiche insiste sulle scene intime ma qualche taglio avrebbe giovato “,si comprende il travaglio culturale presente di un paese ripiombato all’indietro,molto vicino alle epoche buie della storia. La critica deve difendere la libertà e l’integrità dell’opera cinematografica non mettersi a disquisire,invocare gli strumenti di controllo del potere. Già siamo in un periodo in cui troppo spesso diverse pellicole vengono silenziosamente tagliuzzate oppure come nel caso di
Two Mothers dove è stata rimossa gran parte della fase finale rimodellando purtroppo un diverso senso etico.
Massimo Bertarelli
Sembra che
“ Il comune senso del pudore si fosse cristallizzato all'epoca di quando Berta filava,la pellicola di Abdel Kechiche ha ben altre dimensioni programmatiche ed estetiche “,suggerisce opportunamente Natalino Bruzzone su
Il Secolo XIX. Perlomeno Peter Bradshaw del
The Guardian di Londra entra in merito con suggestioni puramente estetiche
,” Le lunghe scene di sesso sono così esplicite e candide da risultare magnifiche,fanno sembrare il sesso di «Ultimo Tango a Parigi» arrogante e datato “. Ancora più efficace sarà Jean-Philippe Tessé della rivista cinefila
Cahiers du Cinéma,
” Il film corre sul limite sottile che separa l'osceno dal meraviglioso tenendosi lungo questo confine riesce a coinvolgere lo spettatore e a trasmettergli ogni tipo di emozione “.Il sesso,l’erotismo in
La Vita di Adele non hanno la valenza superficiale e morbosa voluta da molti recensori nazionali (qui solo una piccola selezione) lasciando scorgere un dissenso poco analitico che va ad incontrare fatalmente l’abisso dell’omofobia. Se fossero stati più attenti con la mente avrebbero notato che gli incantevoli,iconografici giochi di corpi intrecciati si identificano con i quadri di Egon Schiele,artista tra l’altro citato e chiaramente presente nello stile sottile e tensioattivo di tutto il film,nonché sul ritratto di Adele fatto da Emma,la ragazza dai capelli blu. Quest’ultimo colore non è una tinta casuale o ammaliatrice ma rappresenta nel significante la chiave principale per leggere tutta la vicenda. Il blu (molto presente nel pittore viennese),con l’interiorità profonda delle sue sfumature ha innata una dimensione metafisica,quella che guarda caso è riconducibile al processo evolutivo della giovane Adele. La filigrana della storia in fondo disegna un ponte verso qualcos’altro,non importa quale sarà la meta finale. L’osservazione meticolosa e sensibile di quel percorso espressa in scene e sequenze prioritarie riluce tutta la ricerca interiore di equilibrio cercando di allontanare fantasmi congeniti della figura adolescenziale. Emma e Adele pur nella diversità caratteriale sono attaccate a ideali paralleli,motivano nell’incontro d’amore una volontà superiore perciò donatrice di forza vincente. Vito Lamberti opinionista de
Il Salvagente suggerisce questa massima
," Un film fondamentalmente di formazione,che ci porta,senza mai frenare,nella crescita mentale e ormonale di una adolescente.” Per Federico Pontiggia (
Il Fatto Quotidiano)
La Vita di Adele merita un’epigrafe assoluta,“
Non è solo un capolavoro,ma un punto di rottura nella storia della settima arte ”. In fondo alla storia c’è anche chi mostra divergenza moderata,scrive così Alberto Crespi su
L’Unità.“ Non si tratta di un capolavoro ma nel contesto di Cannes 2013,la Palma d'oro giusta e necessaria,per l'emozione che questa storia d'amore omosessuale ha suscitato nei giurati e nel pubblico ”.