TRUMAN di Cesc Gay
Sceneggiatura di Cesc Gay,Tomàs Aragay
Con Ricardo Darín,Javier Cámara,Dolores Fonzi Le ore che precedono il tramonto sono quelle più calme,le più discrete per pensare ai venti della tempesta imperversata durante la giornata con i tanti danni causati. La notte si avvicina e con essa il desiderio pressante di condurre le proprie motivazioni in prospettiva per capire,far mitigare quanto la ragione non è riuscita ad accettare. Quell’ultima notte sarà la più lunga,nella quale la mente non dovrà temere i demoni della devastazione e non avrà paura di scorgere i bagliori di un’altra alba. Possiederà tutto l’equilibrio possibile affinché il giorno dopo divenga la strada di una scelta dove il calore intimo stemperi l’amaro. La scena di Julián,attore argentino a Madrid,sta per essere spezzata definitivamente da una malattia senza scampo. Il momento fotografa giorni in cui decide stop a cure e alla lotta per la sopravvivenza,rivelando bisogni e peculiarità probabilmente fino allora mai affrontati. Se morte significa abbandono di tutte le cose conosciute,vissute,amate come dissolvimento di un patrimonio personale unico,comprende l’urgenza di prepararsi a questa specie di viaggio lontano affidando ad altri le eredità gelosamente possedute. Per l’occasione arriva da oltreoceano un’amicizia di vecchia data,Tomas è sincero compagno di sempre che non chiede conti da pagare al prossimo,un aiuto psicologico importante ma in concreto diventa il testimone morale e il sostegno per la fondamentale decisione. Con Julián vive il cane Truman,un figlio speciale,al quale vorrebbe riservare per il dopo un’esistenza senza trauma e solitudine facendolo adottare alle persone giuste. Comprendiamo quanto in lui si formi l’esigenza umana del controllo a qualcosa d’imponderabile e nel medesimo istante l’estrema sperimentazione di poter esorcizzare l’oscurità,conosciuta nel verso di attore solo nell’astratto dei testi. A differenza di Watanabe,il protagonista del Vivere di Akira Kurosawa,non guarda all’indietro per riconoscere il senso esistenziale e spirituale di una vita intera,ora giunta al termine,ma ricerca le tonalità e le geometrie che possano far crescere ancora di energia quei pochi attimi restanti. Non si tratta di un film triste,ma dentro la malinconia si celano sensazioni che non devono restare impalpabili traducendosi,con splendida trama della poetica,in gesti e scoperte di trascendente veridicità. Ogni relazione quotidiana ha in sé il virus che può renderla limitata da paraventi e ipocrisie,questi sono i giorni per rivedere,ribaltare loghi angusti sedimentati e dimenticati nell’armadio dell’anima. Il disegno allegorico che circonderà il percorso nel film dell’animale domestico puntualizza e testimonia le capacità catalizzatrici di un racconto fuori dagli schemi con l’intelligenza di saper centrare quanto la dolcezza e l’imbarazzo del dolore possano incontrarsi senza la deflagrazione dell’incubo. Questo è un tipo di cinema che non potrebbe esistere separato dall’assenza artistica di grandi interpreti e la Spagna nuovamente in questo mese molto fertile ci consegna un’altra prova lampante.
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