TITANE di Julia Ducournau
Sceneggiatura di Julia Ducournau
Con Agathe Rousselle,Vincent Lindon,Garance Marillier,Laïs Salameh Le polemiche roventi che ha suscitato il film dopo la vittoria al Festival di Cannes a causa della pronunciata diversità,per i supposti scandali,potrebbero rappresentare un quadro sotto alcuni versi fuorviante nello specifico di un racconto così ricco di qualità intrinseche. La pellicola possiede meriti eccellenti che si trovano raramente. Ha ragione Spike Lee quando sostiene con fondatissima riflessione che Titane colpisce la mente per lo sguardo di saper sottolineare con razionale senso della follia una storia dal coraggio geniale. Quindi seppur ammissibile nella convenzionalità dei media l’uso schematico del non convenzionale rischia in sede di analisi di far prevalere la patina aleatoria dell’etichetta. La passione e l’abiura da compromessi che Julia Ducournau trascina nel film riescono a far sussultare la schiettezza dei temi rendendo fruibili,rilevanti i concetti insiti nell’architettura figurativa. Rappresentano il sentiero percorribile di un’opera genuina verso quel dono che s’incontra di rado ma completamente fatto di unicità. Perciò se qualcuno preferisce marcare soltanto i confini tra conforme,liceità o s’inerpica tra i cliché manierati del normale o non consueto,si addentrerà nel rito fittizio dell’inutilità. L’alto tasso di originale narrazione porta a scoprire fin dalle prime inquadrature il fondamento impresso dai valori simbolici,una conduttura semantica che andrà a costituire il metabolismo e il corpo linguistico di Titane. Un circuito in cui prolifera e cresce il disegno immarcescibile di un’antica storia d’amore dal cuore puro,i cui rivoli infiammati hanno bisogno di uscire fuori indenni per contaminarsi nell’immenso,composito alveo naturale. La piccola Adrien ha un’innata inclinazione che le fa prediligere la vitale accelerata del motore di un’automobile,le versatili linee di una carrozzeria al trend per nulla linfatico della famiglia. Un fattore che rende solitudine in una bambina peraltro fantasiosa ma un brutto incidente nell’auto di papà la mette davanti al primo grande cambiamento. La ferita riportata sul lobo parietale dovrà essere suturata con l’immissione di una placca di titanio. Un elemento che ha capacità anti rigetto,anzi nella struttura di metallo regge alle temperature estreme condensando una valida protezione nei sistemi e nei derivati usati. Il processo chirurgico pare aver mutuato nello sviluppo della giovane una metamorfosi stimolandole un nuovo ordine cerebrale che sollecita le tendenze in atto e non asseconderà molto il contatto con l’umana gente. Gli anni successivi,Adrien ora si fa chiamare Alexia,la vedranno sempre più in simbiosi con il fascino delle macchine. Matura attrazioni ossessive e pericolose che si concretizzano incondizionatamente quando viene inebriata dalla contiguità con una bellissima Cadillac da collezione. La lega metallica apre a catarsi di sensuale trance e dopo la danza erotica con la maestosa auto scoprirà di essere incinta. La grandezza del film non sta nel selciato dell’irreale tantomeno nel vacuo di una vivace provocazione inventata da altri,ma nell’innesco della miccia da iperbole visionaria riuscendo a sfrondare nitidi tracciati risaltati nella cadenza di uno stile. Alexia fa della marginalità il percorso ispirato che si adatta meglio all’intrinseco della propria natura. Non sono in gioco semplicemente migliori strade esistenziali ma ancor più la convivenza armonica con la sua singolare evoluzione. Le sequenze della storia vivono quel mutamento in forma di energia che trasuda di capitolo in capitolo,non esprimono il caotico meccanicismo di un passaggio ma la recepibile equazione di un immaginario entropico. Titane ritrae la fisionomia elevatissima del cinema visto nella dimensione più autentica e ingegnosa.
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