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NOVEMBRE 2024
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Il Meglio e il Peggio del mese
THE CONGRESS di Ari Folman
Sceneggiatura di Ari Folman

Con Robin Wright,Harvey Keitel,Kodi Smit-McPhee,Danny Huston

Si parla di metamorfosi e sempre più spesso questa coincide con un’esigenza sistemica che vuol scrollarsi di dosso le cristallizzazioni del passato. La realtà esistenziale va ripensata senza riadattamenti e compromessi e il romanzo psichedelico scritto da Stanislaw Lem mostra nel suo baricentro di avere temi sempreverdi da proporre. Ari Folman lo trasporta al cinema in maniera del tutto originale con slanci sicuramente geniali che ci conducono ben oltre i messaggi di derivazione chimica del lavoro letterario. Se la fantascienza di Lem iniziava a costruire un’idea che perseguiva fino in fondo l’introspezione,la destrutturazione umana nella congiunzione tra mondi e contesti diversi,il fantasy di Folman ne condivide gli aspetti filosofici per trarne senza remore il bisogno sofferto dell’essenza spirituale attuale. Quelle radici nel film sono sviluppate ai fini della conoscenza a misura di un futuro da indagare e pensare,se in agguato o in ausilio del progresso. La novità saliente sta nel narrativo del film e corre sul filo del digitale,la tecnologia che sta rivoluzionando vite e modi del pensiero contemporaneo. Attraverso questo viaggio ambiguo di promesse e delusioni,solo la verità della coscienza avrà occasione di scoprire dové l’arcano segreto di un volo. Tutta la scansione della storia si libera piano piano dal concetto di reale conosciuto,dalla fisicità come elemento strutturale per giungere al rimodellamento dei corpi in una dimensione astratta degli spazi,allo stilizzato incorporeo degli individui,mettendo in gioco un percorso virtuoso tipico dell’arte. Indubbiamente l’effetto suggerito dalle tecniche digitali pone in vetta il corrispettivo progettuale,filosofico che partendo da un’idea di rapida riduzione della meccanicistica e del supporto materiale sta abituando l’uomo a considerare la freschezza dell’abbinamento pensiero azione senza mediatori. La mutazione di Robin Wright è un’esigenza impellente motivata da un contratto che riforma lo status di un attore dentro un film ma l’ineluttabilità sorge perché la sua precedente posizione professionale,quindi estratta dal passato,era entrata in crisi. Desideri di scoperta,tensioni e paure viaggiano sullo stesso binario. La travagliata ri-nascita con il conseguente percorso in un cartone animato valuta l’impatto di un futuro cambiato alla luce di quel taglio netto,della vita inconcludente e sterile trascorsa. Non c’è uno stacco netto tra fasi reali e animate,la metamorfosi vive segmenti che sono nel metabolismo senza confini. Anche la prima di pertinenza esistenziale prepara a quella di esclusiva natura fantasiosa nel contatto che lei ha con il figlio,attratto dal fascino del volo,sofferente di malformazioni a vista e udito ma compensato da straordinaria rielaborazione del circostante grazie alla sensitività subconscia. The Congress è una grande opportunità consegnata dalla cinematografia per riflettere su un tema nel quale c’è ancora diffidenza e un po’di scarso approfondimento. Non serve credere a priori,semmai ragionarci sopra senza ausilio di dogmi pregiudiziali sarà necessario per capire la forma di spiritualità moderna scelta da Folman. L’allegoria voluta dall’autore israeliano porta a comprendere percettivamente le configurazioni del reale rilevando capitolo dopo capitolo i significati e le valenze della dimensione totalmente fantastica sinonimo di altra realtà.