RAPITO di Marco Bellocchio
Sceneggiatura di Marco Bellocchio, Susanna Nicchiarelli
Con Barbara Ronchi,Enea Sala,Fausto Russo Alesi,Paolo Pierobon,Fabrizio Gifuni Pur essendo un episodio che gli storici non hanno tramandato con particolare adeguatezza,il caso dei Mortara affida sicuramente ai posteri uno spaccato inusuale,ciò nondimeno esprime il nucleo diretto di quel periodo,il sommovimento liberale e le battaglie ideologiche impresse nella Bologna di metà e fine ottocento,avamposto in motus dello Stato Pontificio. La temporalità del film comincia nel 1858 poco prima che le truppe austriache di stanza nel territorio fossero spazzate via. Il fatto in questione è un intervento dell’autorità della Chiesa molto discutibile,qualcosa che assomiglia a un sequestro di persona. Il magistrato e i gendarmi andarono presso l’abitazione della famiglia Mortara per prelevare e condurre il loro settimogenito sotto la potestà ecclesiale togliendolo nella sostanza alla legittimità familiare. I Mortara appartenenti alla comunità Ebraica,sono accusati di aver battezzato il bambino fin da quando aveva sei mesi contravvenendo alle leggi dello Stato che prescrivono obbligatoriamente un’educazione Cattolica. Il piccolo Edgardo viene portato nel silenzio in Vaticano dove inizia forzatamente una nuova vita e in primo luogo un altro avviamento religioso sotto la guida di Papa Pio IX. Quello che viene ritenuto abuso dispotico dai nemici del Potere Pontificio diviene l’occasione per accentuare la lotta contro un assolutismo marmoreo,invero molto in difficoltà durante quei mesi. La comunità Israelita sostenuta dai liberali promette di far lume su questa buia vicenda che vede vittima ingiusta un fanciullo. La polemica travalica le Alpi portando con sé una vigorosa ripercussione sulla stampa internazionale,mentre l’indagine concomitante per scoprire dove sia celato e soprattutto come sta lo sfortunato bimbo rileva una sorpresa imprevista. L’obiettivo più efficace potrebbe presumere una giusta risoluzione in tribunale. La Chiesa Cattolica nel momento critico della sua egemonia sembra accentuare sulla cultura Ebraica una rivalsa secolarizzata che simbolicamente si riassume nell’ignobile rapimento,ma nel fuoco delle lotte Risorgimentali,durante il tempo in cui s’avvicina la Breccia di Porta Pia,il figlio dei Mortara a Roma appare molto acclimatato e sereno ospite nel Regno Vaticano. L’affresco epocale e la triste vicenda di un piccino che s’adombra di mistero turbante mette Marco Bellocchio in una condizione sagace. Senz’altro di rispetto verso i canoni originari,non resta circoscritto a subordinazioni emotive,ma allarga il palinsesto dello scibile al subdolo percorso che il Potere dispone nel rimodulare verso i sudditi un nuovo modello di dominazione. Il regista guarda ai filamenti del comando oltre quei lati manichei di assolutismo ossessivo con cui abitualmente si pretende di riconoscerli. L’Autorità e i suoi tentacoli affabili divengono il crocevia del racconto contenente richiami che forse per varie ragioni possono avere miglior accessibilità nel pubblico nazionale piuttosto di quello estero. In Rapito sovviene chiaramente come il fenomeno della sottomissione non può essere un effetto univoco derivato dal processo psicologico che guida alla sopravvivenza dell’individuo. L’uomo che dispone il dominio non cambia la sostanza della sovrastruttura egemonica,ma elabora con manovra raffinata un’altra forma di plagio usando sorriso,parvenza di amicizia,condivisione. Apparirà un’osmosi naturale che attimo dopo attimo tende a divenire inesorabile nel sedurre ignare,deboli coscienze. La narrazione sa scorgere con lungimiranza quello che sarà il futuro dei dominanti nei secoli a venire,ma in tutta la pellicola si avverte da subito un piacere espressivo dal tatto predominante. Incisività fin dai dettagli e prospettiva delle sequenze dove hanno spessore anche le figure di secondo piano concedendo un livello di lettura assai completo.
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