GREEN BOOK di Peter Farrelly
Sceneggiatura di Nick Vallelonga,Brian Hayes Currie,Peter Farrelly
Con Viggo Mortensen,Mahershala Ali,Linda Cardellini,Dimiter D. Marinov Le opere tratte dalle vite misconosciute che con personale affanno o accalorato ardore travalicano per originale dinamismo su quelle di celebri protagonisti sanno rendere di genuina trasparenza gli aspetti salienti del vivere. Il ritratto della cosiddetta quotidianità minore può riuscire a sfatare la sacralità del tocco di penna appartenente ai grandi prosatori cogliendo il quid che segna l’oggettività nella prospettica di un ideale palcoscenico d’esistenza. In quanto affresco che riverbera sulla società del momento sa vedere dall’occhio candido del biografo cambiamenti e resistenze meglio di ogni altro professionista mediatico rendendo le pagine una testimonianza pertinente per futuri storiografi. Utili compendi e moda letteraria certi lavori biografici nutriti d’insolita potenza non possono che interessare il cinema come sempre alla ricerca di angoli multivalenti dall’essenza comunicatrice. In questa veste di sincerità espressiva e naif possiamo considerare il soggetto del film scritto da un familiare,Nick Vallelonga,che ricorda da vicino episodi della vita del padre. L’originale esperienza di un buttafuori di origine italiana,Tony,che lavorava al Copacabana un noto night club di Brooklyn,diventa esempio lampante di sceneggiatura biografica proiettando d’incanto alle nostre ricettività un mondo di abitudini,tradizioni,disvalori e amicizia attraverso il travagliato episodio vissuto dall’uomo. L’America del 1962 è l’orizzonte di riferimento per un narrato in prima persona che riesce a garantire alle sequenze della pellicola il divenire della vicenda. Le relazioni di Tony Vallelonga mettono a fuoco distonie e convergenze caratteriali,mentre aprono all’interpretazione briosa di un paese fuori dalla norma conosciuta accaduta nel bel mezzo di un cambiamento epocale. L’uomo ha accettato di fare l’autista di un musicista di colore che andrà in tournée negli stati del sud,la legislazione sta mettendo fine alle discriminazioni razziali e il carisma dei Kennedy ha permesso questi passi di progresso irrinunciabile. Nella realtà dei fatti e nel comune sentimento di molta gente i muri della segregazione sembrerebbero ancora resistere quasi fossero una tradizione da difendere a oltranza. Questo traspare dal lungo viaggio di persone che dovranno confrontarsi insieme e superare le convenzioni obsolete ancora suggerite nel Green Book,libretto di guida turistica per automobilisti neri,pubblicato al fine di non oltrepassare mai quel bon ton grottesco voluto dal potere bianco. Per Vallelonga e Don,il fardello impalpabile di fottuta condizione umana diviene nemico ma si traveste talvolta da scomodo alleato tra freddo dileggio e solitudini in assillo continuo. Si potrebbe sfuggire con fatica dal contesto ma costantemente presenta consuetudini ardue da superare. Non si parte da ideali antirazziali o da un concetto politico di fondo più o meno partecipato,tutto inizia dall’occasione che l’opportunità porge d’istinto alle occorrenze dei due. Sono personaggi sui generis che in qualche modo rappresentano fondamenti,lati convenzionali di culture diverse e in tal maniera catalizzano attorno le ambigue movenze figurative al centro di un’epoca. Don è pianista virtuoso che gira esibendosi con musiche di Brahms,Liszt e Chopin nelle ricche residenze dei bianchi,non ama identificarsi nel cliché black. A Vallelonga piace invece lo stereotipo rude,dal gusto del cibo,quanto immerso profondamente nelle tipicità della comunità italo-americana possiede qualcosa di risoluto che sarà utile per risolvere problemi di una certa entità. Nessuno dei due preferirebbe una trasformazione sociale così intensa da coinvolgerli in prima persona,ma la resa dei conti è una faccenda che colpisce senza preavviso. Il film non si traduce in facile tuffo nel minimalismo,il viaggio di un’amicizia sofferta scava sull’esperienza reciproca favorendo l’emergere di attitudini,discordanze,fughe irresponsabili,come pure esemplari complicità. A ruoli invertiti e con carte dal valore meno prevedibile ricorda,A Spasso con Daisy di Bruce Beresford. Pluridecorato all’Oscar,era commedia che faceva ruotare il tema razziale con leggerezza. La commedia di Peter Farrelly riesce ad amalgamare tonalità più difficili e drammatiche anche se a tratti sembra protesa all’edificante,ma in fondo è una storia vera che formò un’amicizia indissolubile giunta quasi ai nostri giorni.
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