BELFAST di Kenneth Branagh
Sceneggiatura di Kenneth Branagh
Con Jude Hill,Caitriona Balfe,Jamie Dornan,Judi Dench Stava cambiando il mondo intorno a lui e alla sua famiglia e non sempre il fatto è sinonimo di miglioramento. Così il piccolo Buddy quella mattina d’agosto dovette aprire gli occhi repentinamente quando il fuoco e la violenza sconfinarono oltre la quiete fanciullesca che fino allora l’aveva pervaso. Giocare tra bambini ai guerrieri è uno dei riti più diffusi sul lastricato sotto casa,ma gli impetuosi e stridenti boati che si udivano nella via,l’avanzata veloce di chi voleva sul serio la battaglia,soffocarono quei duelli innocenti. Siamo nel 1969 e le strade in fiamme,che stiamo vedendo attenuate dal pudore del bianco e nero,non saranno un episodio transitorio ma il prologo burrascoso di una guerra civile durata una trentina di anni. Belfast,città gioiosa e sommessa di dionisiaco accento,colei che ha fatto proprio il ritmo struggente di tante danze diviene in breve scenario del più profondo conflitto coltivato nel suo contesto. Il fratricida scontro che si andava ad ingaggiare era metabolismo pulsante di un’antica eredità nutrita da differenze culturali sulle quali Protestanti e Cattolici congegnarono i loro cavalli di battaglia. Riprodurre il quadro in modo neutro,lasciando che la memoria non sia miccia e nemmeno alibi per riscrivere la storia,è un compito al quale Branagh si affida cercando spunti dal basso. Barricate e combattimenti non fermano la vita quotidiana fatta di energie,sintonie come pure digressioni da sprezzanti disappunti che non potranno spegnere auspici verso un futuro migliore. Ma gli irlandesi posseggono dentro il più grande senso di conflitto che si possa sostenere nel contorno dell’esistenza,mettono se stessi in discussione trascinando il dubbio sentimentale davanti al cuore della loro Belfast,lasciare l’affetto della città può divenire insopportabile. Il film rinforza con tradizionale sarcasmo questo atavico passaggio secondo una massima che recita all’incirca così,gli Irlandesi sono nati per partire altrimenti il resto del mondo non avrebbe i Pub. Non c’é nostalgia o fatalismo melanconico ma nell’alveo drammaturgico che va a contestualizzarsi saranno comunque elementi di riferimento. Il punto di osservazione principale è la famiglia di Buddy con il padre che lavora lontano e la prospettiva di emigrare laggiù ma osteggiata dalla moglie e dal fanciullo. Si guarda alle virtù corroborate da piccoli vizi che in buona misura illustrano i forti legami con i nonni di Buddy. Il nucleo é parte considerata nell’unione Protestante ma non percepisce affatto il senso di avversione e violenta ostilità verso l’altra fede. Il legame con la comunità resta saldo ma il padre che preferisce star fuori dalle lotte intestine tiene stretta l’idea di poter contare su un altro approdo. Il viaggio quale circostanza avversata seppur patrimonio imprescindibile comincia a solcare sottilmente nelle vene della pellicola. Ogni personaggio svolge la propria impronta formativa tra scetticismo e aspirazione di scorgere altri orizzonti,ma è un mondo intero che si muove nel lirismo della speranza. A Belfast non c’erano strade per Shangri-La e la catarsi in un sogno non restituisce il senso leggiadro della fuga ma lo sforzo per carpire il valore della trasformazione. Kenneth Branagh attraverso una sublime forma estetica costruisce la memorabile e rarefatta poiesi che indirizza il film nel compiuto spazio di metastoria. Sarà determinante l’uso del bianco e nero che fotografa l’ambiente irlandese quando colto nel suo passato,alternando il colore soltanto per le immagini di una singolare figurazione. Buddy e famiglia vanno spesso al cinema e a teatro,quindi le rappresentazioni che stanno vedendo saranno riprodotte nelle gamme del pastello. Queste indicano la prospettiva seducente che attrae una percezione mitica,la ricettività cosciente di uno stato mentale riuscito ad ancorare in luoghi lontani,straordinari e dimensioni sconosciute,il viaggio visto nell'esplicitazione più ampia. La vicenda ha la capacità di esaltare le prerogative del cinema che sa osservare oltre le sembianze. Sottile e lungimirante usa in modo atipico le pagine di storia per puntare sulla seconda chance che vale nuova dinamica di conoscenza.
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