LA LEGGE DEL MERCATO di Stephane Brizé
Sceneggiatura di Stephane Brizé, Olivier Gorce
Con Vincent Lindon,Karine de Mirbeck,Matthieu Schaller I gravi pericoli che sono insidiati dentro le relazioni sociali e umane rischiano un grado di assuefazione non indifferente quando nessuno sa o non vuol far capire a fondo il male profondo instauratosi nelle coscienze. A questo film va riconosciuto un merito speciale nel mettere a fuoco,elaborare con grande metodo drammatico,il filo conduttore che aliena la vita di un uomo rendendolo schiavo e incapace di riabilitazione. Esce la parabola più autorevole e lancinante mai fatta al cinema sul mondo flessibile del lavoro,mutamento pluri facciale imposto da regole economiche riscritte che stanno lentamente riportando lavoratori e dipendenti ad un ruolo subalterno di fosca immagine ottocentesca. Per molto tempo è stato un ritornello suadente e magico che rendeva ottimista l’aria per riforme con al centro il liberismo,teoria macroeconomica in cui gli uomini avrebbero trovato il massimo dello sviluppo e del progresso. Al contrario la deregulation è stata vana illusione,a suo vantaggio ha affossato la vecchia mediazione politica lasciando alla sola potenza dell’economia ogni livello decisionale sopra le nazioni. Ha finito per mettere in crisi le moltitudini a favore di poche elite assolutiste che impongono costi insopportabili. In questo triste fondale di strettissima attualità,la vita di Thierry viene svegliata di soprassalto quando il licenziamento dall’azienda fa vacillare le finanze familiari,soprattutto con un figlio disabile da far studiare. Nessuno sembra aver preso direttamente la scelta di mandarlo via,lo scaricabarile in queste occasioni è un aspetto del tutto kafkiano,ma le imprese sanno trarre profitto risparmiando personale seppur valente. La legge del mercato ha assunto un potere intoccabile come i comandamenti della divinità,avvertiamo nei suoi effetti la debordante forza di determinare e giustificare il destino delle persone senza che alcuno possa modificarlo per giusta riappropriazione della pietà umana. Di fronte a questa astratto corpo da iniquo giudizio universale tarato da verità che umiliano gli uomini,Thierry ricomincia da capo. La sopravvivenza non può essere messa a rischio,lui non ha carattere e equilibrio mentale per combatter il sistema portandolo nei tribunali, Stavolta la scelta è dalla sua parte ma dovrà accettare nuovi lavori con minor remunerazione del passato. Il film viaggia nell’escalation passiva di un uomo che nella fredda anticamera del pensiero accetta l’immorale compito di avvantaggiare i superiori aiutandoli a massimizzare guadagni sulla pelle degli altri. Non più vittima ma carnefice accetta l’incarico di addetto sicurezza in un supermercato cercando di scovare dall’occhio onnisciente delle telecamere chi si appropria di merce o beccando commesse zelanti in cerca di punti fedeltà non dovuti per il concorso a premi. Costoro sono i nuovi poveri,i caduti della crisi che cercano di tirare avanti con l’arte di arrangiarsi,per Thierry non conta tanto l’illegalità di un’effrazione ma il plauso dei dirigenti per aver reso un servizio al fine di licenziare a giusta causa dipendenti in eccesso e far comprare qualcosa a ladruncoli scoperti. Nella stupenda sequenza di osservazione dalla sala di controllo assisteremo alla metamorfosi di un uomo sopraffatto e asservito alla legge del mercato che guarda il comportamento dei clienti come fossero marionette ma nell’indifferenza etica al di sotto del bene e del male c’è la misura colma da perfetto vigile di questo nuovo fascismo del duemila. Nella legge del mercato si scoprono prezzi sempre più alti che possono anche far sopravvivere alcuni,di sicuro uccidono gli innocenti.
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