
La traccia del film è in un romanzo americano di qualche anno fa che ebbe buona accoglienza. Virzì e i suoi collaboratori al momento di tradurre in cinema avranno sicuramente pensato che fosse giunto il tempo di guardare all’intreccio,alle sfumature dei capitoli. Saranno stati consci che il messaggio,aurea scoperta del significante,deve scaturire dalla dinamica della storia,dall’interazione e relazioni dei personaggi con il contesto senza tesi ideologiche precostituite come invece si è creduto per ere interminabili nell’Italia dell’ego culturale. Del resto il deserto scribacchino dell’attuale cinema italiano suona un allarme improrogabile. Così il plot di Stephen Amidon si mette a disposizione per una visione d’insieme che parli italiano,anzi brianzolo,dove lì con ogni probabilità le ricchezze,contraddizioni e meschinità di un microcosmo provinciale riassumono meglio l’ottica globale. C’è di mezzo il denaro,e specie come adesso quando comincia a scarseggiare tramuta coscienze e fatti nella radiografia più nitida e squallida di un oggi senza domani. Tema stuzzicante ma se non sei Claude Chabrol puoi rischiare l’impaludamento. Il regista francese,uno che al noir sapeva dar del tu,proprio nelle pellicole dell’ultima parte della sua filmografia aveva toccato straordinarie punte narrative fra ambiguità,verità nascoste delle facciate di provincia e l’esigenza morale quanto politica della denuncia. La forza e l’indignata querelle che emanavano dalle sequenze erano fendenti molto più efficaci di ogni manifesto ma egli conosceva bene la natura dei protagonisti perciò sapeva descrivere riti e difetti della borghesia,sia le debolezze nell’arrivismo degli altri facendo approdare la miscela ad un sulfureo affresco profetico,figurativo del malessere odierno. Tutto questo non emergerà affatto nel film di Virzì,bauscia arroganti,cafoni arricchiti come pure ovosodisti perenni sono blande figurine votate all’estemporaneità. C’è un atteggiamento qualunque,sommario nel dare spessore,riprodurre l’ambiente,si tende a guardare e metabolizzare l’insieme del quadro in maniera fotografica non impressiva. L’ambizione che mostra nel voler fornire uno spaccato di questi tempi, specialmente quando vorrebbe ergersi a paladino della buona cultura è puramente presupponente,troppi bozzetti e parole da luoghi comuni non alzano un profilo complessivo sempre visto d’intorno. Il giallo dell’incidente stradale sul quale ruotano vittime o colpevoli di quell’habitat (la trama del libro) viene fuori un po’sfilacciata,frammentaria e a tratti qualche elemento sembra incastrato forzatamente. Non indigna,né ferisce,evapora velocemente come i componenti leggeri della sceneggiatura. Si deve attendere la lunga didascalia finale,la spiegazione su cosa sia il capitale umano,per far battere forse un cuore civile. A volte,certi B-movie americani sono più grintosi e incisivi di questo.